Il Motor Show abbandona Bologna. La terra dei motori rimane senza la principale kermesse fieristica del settore. Tutte le case automobilistiche hanno rinunciato a partecipare alla fiera. Poi, forse ci sono altri problemi, fra l’organizzazione e l’Ente Fiera. Ente che, come tanti altri, è un ottimo poltronificio per ex politici, magari con vitalizio. Basta guardare i nomi, in questo e altri enti, della dirigenza. Ma non è in questo che vogliamo entrare o discutere.

Se ben guardiamo, la fine del Motor Show è un segnale che dovrebbe essere colto della fine dell’era dell’automobile. Chiaro, non significa che da domani non avremo più auto, ma è un dato che dovrebbe far riflettere per il futuro socio economico della “motor Valley”, non a caso nota anche come “the dirty Po Valley”, una delle aree più inquinate del mondo. O, dicono altri, come tumor Valley.

Cominciamo a vedere qualche dato, partendo dall’immatricolazione di nuove auto. Nel 2007, prima della crisi, in un solo mese in Italia “nascevano”, per così dire, 245.000 nuovi autoveicoli e venivano “immatricolati” 45.000 bambini. Ovvero 5 auto nuove per ogni bambino! Non poteva continuare ed infatti le statistiche ACI sono spietate. Nello stesso anno le immatricolazioni in Italia di nuove auto erano circa 2 milioni e mezzo, nel 2012 sono crollate a un milione e mezzo e ora scendono ancora! In Emilia Romagna dalle quasi 200.000 nuove auto del 2007 il crollo è percentualmente anche maggiore, a sole 112.000. Analogamente, si usa meno l’auto, e questo da un lato è positivo; grazie al crollo dei consumi petroliferi, un vero e proprio dirupo, quanto meno calano le emissioni serra e quelle inquinanti. Qualche numero; da 83 milioni di tonnellate i consumi petroliferi (incluso GPL) nel 2007 sono crollati a sole, si fa per dire, 64 milioni di tonnellate. Numeri comunque folli, perché, pro capite, significa che consumiamo circa 1 tonnellata di carburanti all’anno!

Tutto questo perché avviene? La crisi indubbiamente ne è la causa prima scatentante, ma la crisi che si trascina è solo un sintomo di un processo più grande, epocale, che c’è alle spalle. La fine del petrolio facile ed economico. Che non significa che rimaniamo improvvisamente a secco (anche se qualche volta potrà succedere, come avvenne negli anni 1970), bensì che il petrolio diventa una risorsa sempre più rara, costosa, impattante (vedi discussione sulle trivellazioni), ed anche causa di guerre. Chi ne parlava in passato veniva accusato di catastrofismo, ma il fenomeno è qua. Proviamo ad elencarne, sparsi, alcuni effetti e metterli insieme?

Non si fa più il GP a Imola da anni, notevole ridimensionamento del settore manifatturiero, si vendono più biciclette che auto, sono sull’orlo del fallimento le compagnie aeree (Alitalia, ma non dimentichiamo il caso Wind Jet o, all’estero, i problemi di Iberia e molte altre compagnie) e pure gli aeroporti (Parma, Forlì, Rimini, del resto forse troppi), aumentano i prezzi del cibo e calano i redditi delle imprese agricole (il petrolio, ricordiamo, è anche indirettamente cibo per mezzo dei fertilizzanti e macchine agricole),….

Certo per ognuna di queste crisi ci sono altre concause, ma se ci pensiamo bene sta avvenendo sotto i nostri occhi un processo epocale su cui non si può ragionare come si ragionava in passato, cioè a suon di incentivi e aiuti pubblici (e guadagni privati). All’inizio dell’era delle automobili non avrebbe avuto senso sostenere, che so, sellai e maniscalchi. Era la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. Ora, siamo alla fine di un’epoca ma ancora non conosciamo bene l’altra. L’idrogeno per molte ragioni è un’illusione, l’auto ad aria compressa una bufala, ma non è certo spostando i marchi storici altrove a produrre SUV che si risolve il problema.

Questa crisi, che è un cambio epocale, potrebbe essere l’occasione per far nascere un nuovo modello di mobilità sostenibile con investimenti su auto elettriche (alimentate a rinnovabili vere) o meno inquinanti, ma non se ne vede l’ombra. I trasporti pubblici? Ancor peggio, a furia di tagli in Emilia dai 328 nuovi autobus del 2000 si è crollati a solo 108 nel 2012. Le ciclabili vengono fatte, ma spesso male, tanto che poi cadono a pezzi, più per la scampagnata e spesso mal collegate fra loro.

Per opposto, si continua a parlare e si cercano di accelerare le inutili, costose e impattanti bretelle, Cispadana, Passante Nord e altro. Che, nel quadro fatto, resteranno forse opere incompiute, magari abbandonate a metà come troviamo nell’isola di Pasqua statue non terminate per il crollo di quelle civiltà. E, per stare più vicini a noi, come il nuovissimo Novi Park, di Modena, il secondo parcheggio per dimensione, d’ Italia, spesso desolatamente semivuoto.  Errare è umano, perseverare diabolico.

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