Due allarmi bomba poi rivelati falsi, uno alla procura, un altro in piazza Maggiore. Tre volantini siglati Br recapitati in tre diversi palazzi del centro sede di diversi studi di avvocati o notai. Il tutto in appena 48 ore. Bologna, la città di Marco Biagi, ucciso 11 anni fa dalle Nuove brigate rosse, si interroga sulle vicende delle ultime ore e cerca di capire se siano opera di mitomani, di burloni, oppure siano parte di un piano propagandistico, o peggio ancora di un depistaggio. Di certo ad aiutare il procuratore Roberto Alfonso e il sostituto Antonello Gustapane che indagano, c’è una telecamera di sorveglianza che potrebbe avere filmato chi ha lasciato quei tre volantini proprio nella zona giudiziaria della città.

I volantini siglati Brigate Rosse
Il 15 ottobre alle 9 circa del mattino un volantino stropicciato, viene ritrovato in un palazzo situato proprio di fronte all’ingresso della procura della Repubblica. Poche ore dopo ne viene trovato un secondo, incastrato in un’inferriata, ma bene in vista, proprio nell’ingresso di uno studio notarile. Il terzo foglio viene ritrovato in un altro palazzo di piazza dei Tribunali, sempre a pochi metri dalla procura e dalla corte d’appello. I tre volantini sono identici.

Sul foglio ci sono diverse stranezze. Si tratta di una fotocopia in bianco e nero su cui campeggia una bandiera con stella a 5 punte su sfondo scuro. Si tratta di un’immagine facilmente reperibile su internet, ma soprattutto non si tratta della solita sigla Br vergata e su sfondo bianco a cui ci ha abituato la triste iconografia brigatista. La prima parte del testo comincia con un attacco al Pdl e al suo leader Silvio Berlusconi e riporta, come fosse un copia-incolla, delle risoluzioni strategiche coincidenti con eventi importanti della storia brigatista: l’assalto al carcere di Casale Monferrato per la liberazione di Renato Curcio nel 1974 e l’omicidio di Lando Conti a Firenze nel 1986, uno degli ultimi prima della lunga tregua durata fino al 1999. Il tutto semplicemente sostituendo la parola Dc con quella Pdl.

Infine negli ultimi capoversi del volantino l’autore sembrerebbe abbandonare il copia incolla per parlare di attualità: le carceri stracolme, la sentenza Berlusconi. Una analisi che non sembra grossolana rispetto alla premessa, anzi sembrerebbe intrisa di una certa progettualità, seppur delirante e di una linearità linguistica con la premessa. Il documento termina con la sigla Lotta armata per il comunismo.

Gli allarmi bomba
Il 16 ottobre due telefonate arrivano nel giro di pochi minuti: una è muta, nell’altra una voce femminile è perentoria: “O chiudi o salta”. Dopo pochi minuti ne arriva una terza: “C’è una bomba dovete chiudere”, dice ancora una voce di donna. Il procuratore Alfonso, dopo aver chiamato polizia e carabinieri, ha fatto svuotare gli uffici di via Garibaldi, che per 3 ore sono stati oggetto di una verifica assieme al tribunale in via Farini e alla Corte d’appello. Ma tutte le ricerche degli artificieri hanno dato esito negativo.

Giovedì 17 infine alle 10 del mattino qualcuno ha chiamato il 113 spiegando che c’era una bomba in piazza Maggiore. Sono così partiti i controlli degli artificieri, che hanno riguardato anche Palazzo d’Accursio, che affaccia sulla piazza e che è tecnicamente considerato un obiettivo sensibile. L’esito delle verifiche è stato negativo anche in questo caso.

Sul legame fra i tre avvenimenti gli inquirenti sono cauti. “È prematura qualsiasi ipotesi. Polizia e Carabinieri lavorano insieme per individuare autori ed eventuali facchini”, ha detto il procuratore aggiunto e portavoce della procura, Valter Giovannini. I volantini ritrovati fanno riferimento a ipotetici e generici attacchi in varie città d’Italia proprio tra il giorno 15 e il 18 e non è impossibile che i falsi allarmi possano essere parte di quel piano annunciato. Di certo non sembrano esserci legami tra gli episodi dei volantini e degli allarme bomba e il processo in tribunale a Bologna contro una ventina di anarchici.

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