Il premio Nobel 2013 per la medicina è stato assegnato la settimana scorsa a Randy Schekman, James Rothman e Thomas Südhof per i loro studi (tra loro indipendenti), sul traffico intracellulare delle vescicole. Si tratta di un campo di ricerca affascinante, ricchissimo di implicazioni per tutti i campi della biologia e della medicina.

La vita è apparsa sulla Terra circa tre miliardi e mezzo di anni fa, soltanto circa mezzo miliardo di anni dopo la formazione del pianeta. Le prime cellule erano relativamente semplici e simili agli odierni cianobatteri, che sono sostanzialmente privi di organizzazione interna. Le cellule più complesse, eucariotiche, sarebbero apparse circa un miliardo e mezzo o due miliardi di anni fa. Mentre i batteri sono sempre unicellulari (con insignificanti eccezioni), le cellule eucariote possono formare organismi unicellulari o pluricellulari, e tutte le forme viventi visibili ad occhio nudo, vegetali o animali sono costituite da cellule eucariotiche. La sorprendente osservazione che la formazione di batteri a partire da materiale chimico abiotico abbia richiesto molto meno tempo dell’evoluzione delle cellule eucariotiche a partire dai batteri è un indice dell’enorme complessità degli eucarioti.

Le cellule eucariotiche, a differenza dei batteri, hanno una raffinata organizzazione interna con organelli specializzati rivestiti da membrane. Le funzioni vitali della cellula richiedono un continuo trasferimento di sostanze (proteine, lipidi, mediatori, ormoni, etc.) tra gli organelli, o tra organelli e membrana esterna, in tutte le direzioni. In genere le sostanze che devono essere trasportate all’interno della cellula sono racchiuse in vescicole di dimensioni sub-microscopiche, che si muovono lungo percorsi prefissati, identificati dalle fibre proteiche del citoscheletro: una specie di servizio postale interno; ed è ovvio che la compartimentazione intracellulare non sarebbe compatibile con la vita se non fosse associata ad un preciso sistema di scambi di materiale.

Le ricerche premiate con il Nobel di quest’anno hanno contribuito in larga misura a chiarire i meccanismi attraverso i quali il trasporto intracellulare viene regolato e direzionato correttamente: in una parola il sistema di indirizzamento del servizio postale interno alla cellula. Come tutti i processi più intimi e fondamentali della vita, il trasporto intracellulare si verifica in ogni cellula eucariotica ed è assolutamente necessario alla sua sopravvivenza; esistono quindi potenziali applicazioni terapeutiche (ad esempio un ruolo fondamentale di regolazione è svolto dagli ioni calcio e sono già in uso farmaci che interferiscono con la funzione di questi ioni) ma sono ancora incompletamente sfruttate ed i farmaci potenzialmente utilizzabili potrebbero presentare rilevanti effetti collaterali.

Più interessanti delle applicazioni terapeutiche mi sembrano però le implicazioni puramente conoscitive di queste ricerche. Infatti, sebbene sia del tutto ovvio che una cellula eucariotica è più “complessa”di un batterio, noi non abbiamo una definizione praticamente utilizzabile della complessità, almeno nel campo della biologia e non siamo in grado di misurarla. “Complesso” è l’attributo di un sistema biologico formato da molte parti diverse, che svolgono funzioni fisiologiche diverse e che interagiscono tra loro. Il sistema complesso è caratterizzato da una precisa anatomia, ma di nuovo, noi non siamo in grado di misurare quantitativamente l’anatomia, se non nel senso più banale della morfometria. Il premio Nobel a Schekman, Rothman e Südhof , al di là dei meriti specifici della loro ricerca, è un riconoscimento all’importanza dello studio della complessità biologica.

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