Multare un sito d’informazione per non aver censurato i commenti offensivi anonimi postati dai lettori è “giustificato e non viola la libertà d’espressione”. La Corte europea dei diritti umani ha assolto l’Estonia per aver multato uno dei più grandi portali d’informazione del Paese. Il sito aveva pubblicato un articolo sulle scelte controverse operate da una compagnia di navigazione, cui i lettori avevano risposto con commenti ritenuti estremamente offensivi e diffamatori, arrivando anche a minacciare i proprietari della compagnia di navigazione. Nella sentenza la Corte sottolinea che la responsabilità per i commenti pubblicati sul portale, in ultima analisi, è dei gestori del sito. Sono loro, infatti, gli unici che potevano impedire o cancellare i commenti in questione, cosa che non poteva essere fatta né dagli utenti, né dalla parte offesa.

Inoltre, i giudici affermano che sono gli stessi gestori ad aver fissato le regole per postare i commenti e che avendo permesso agli utenti di rimanere anonimi si sono di fatto assunti la responsabilità del contenuto dei loro giudizi. “E’ una sentenza rivoluzionaria  – spiega Guido Scorza, avvocato esperto di diritto digitale -. La Corte, però, è stata chiamata a pronunciarsi a fronte del quadro normativo estone”. Tuttavia, nonostante la legge italiana sia diversa da quella del Paese baltico, “la decisione potrebbe risvegliare alcuni disegni di legge, proposti e poi bocciati in Parlamento, relativi alla pericolosità dell’anonimato in rete o per chiedere che i gestori dei siti siano responsabili anche dei commenti altrui”. Tuttavia, osserva Scorza, “vista la scarsa attenzione della politica italiana nei confronti delle sentenze europee, dubito risorgano vecchie proposte di legge“.

Secondo i giudici, il sito di hosting poteva “prevedere che i commenti potessero essere offensivi, ma allo stesso tempo ha consentito la pubblicazione di messaggi in forma anonima”. In linea di principio, però, la decisione della Corte contrasta con la direttiva 31/2000 sul commercio elettronico, attuata con decreto legislativo 70/2003, che non prevede l’obbligo di sorveglianza dei contenuti per chi effettua servizio di hosting, cioè mette a disposizione degli utenti uno spazio online. Il servizio non è quindi ritenuto responsabile del materiale inserito da altri, a meno che non sappia che costituisce reato o non provveda a rimuoverlo una volta informato. “Nel caso estone, però, al momento non sappiamo se fosse già stato sollecitato a rimuovere o meno i contenuti offensivi”, sottolinea Scorza. 

Per i giudici di Strasburgo, quindi, “tra diritto alla reputazione e libertà di informazione, online il primo può prevalere fino a portare a forme di responsabilità solo perché il sito di hosting non ha vigilato bene”. Per quanto riguarda l’Italia “la cartina tornasole che potrebbe anche confermare questo principio – conclude Scorza – potrebbe essere il regolamento Agcom“. E’ atteso entro fine 2013. 

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