A sentire il governo fino a poche settimane fa, la ripresa sarebbe dovuta essere dietro l’angolo. Poi è giunto, nei giorni scorsi, l’aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) con la revisione delle stime di crescita del Pil a -1,7% da parte dello stesso esecutivo. E ad avvalorare un quadro tutt’altro che rasserenante e improntato a facili ottimismi, è arrivata la conferma da parte del Fondo monetario internazionale che il nostro Paese chiuderà il 2013 con una contrazione del Pil di 1,8 punti. La svolta, dunque, attesa per l’ultimo trimestre pare almeno rimandata.

La riprova che, pur in presenza di lievi schiarite, le nubi della crisi sono e continueranno a essere ancora dense sull’Italia, viene dall’analisi dell’ultima indagine congiunturale elaborata da Federmeccanica per l’industria meccanica. Che nel nostro Paese vale circa il 7% del Pil, il 42% del valore aggiunto dell’intero settore manifatturiero e poco meno del 50% dell’export. È pur vero che nel secondo trimestre l’attività metalmeccanica, per la prima volta dopo due anni di recessione, ha evidenziato un risultato congiunturale positivo, anche se contenuto in un +0,7 per cento.

Ma a stroncare sul nascere ogni entusiasmo c’è una nuova e pesante frenata nel mese di luglio, pari al 2,5% rispetto a giugno. È poi nel confronto con l’Europa che i numeri appaiono ancora più scoraggianti. Perché nel trimestre aprile-giugno l’attività manifatturiera dei 27 Paesi dell’area ha registrato un progresso medio dell’1,2% rispetto al primo trimestre. E il miglioramento è stato favorito dai risultati conseguiti dalla Germania (+2,6%) e dalla Francia (+1,5%) ed in misura minore dalla Spagna. Se poi si osservano i volumi realizzati, le note sono ulteriormente dolenti: -2,9% rispetto all’analogo trimestre dell’anno precedente, con la conseguenza che è di ben 31 punti percentuali la perdita di volumi accusata dal comparto nel confronto con il periodo pre-crisi degli anni 2008-2009.

Nel complesso, nei primi sei mesi dell’anno in corso, la produzione industriale risulta diminuita del 4,7% rispetto al primo semestre del 2012 e quella metalmeccanica del 4,9%, con risultati negativi che sono diffusi a tutti i comparti dell’aggregato. Con la sola eccezione delle attività dirette alla produzione di computer, apparecchi per telecomunicazioni e strumenti di precisione. Le cose non vanno bene neppure per l’export, che nel tempo è diventata l’ancora di salvataggio delle imprese italiane.

Perché nei primi 6 mesi ha stagnato per l’industria manifatturiera nel suo complesso (-0,4% sul primo semestre del 2012), mentre è mediamente diminuito del 2,7% per quella metalmeccanica. Con flessioni significative dei flussi indirizzati verso l’Unione europea (-6,4%), ossia verso il principale mercato di sbocco. In tal senso spicca il dato delle esportazioni verso la Spagna (-8,5%), ma soprattutto verso la Germania (-8,0%), mentre risultano in parziale controtendenza quelle destinate al Regno Unito (+0,7%). Per quanto riguarda i Paesi terzi, sempre con riferimento ai primi sei mesi dell’anno, la quota di produzione metalmeccanica esportata si è fortemente ridotta sul mercato indiano (-17%), ma anche su quello giapponese e statunitense, che hanno registrato contrazioni rispettivamente pari al 4,9% e al 4,1%. All’opposto, sono aumentati i flussi diretti verso la Russia (+12,6%) e la Cina (+5,5%), che però costituiscono mercati ancora troppo immaturi per compensare l’arretramento su quelli storici.

Sul fronte del lavoro i numeri sono tutt’altro che tranquillizzanti. Infatti a una sostanziale stabilità dei livelli occupazionali nelle imprese con oltre 500 addetti ha corrisposto un significativo aumento delle ore di cassa integrazione guadagni autorizzate per gli addetti del settore metalmeccanico, che nei primi sette mesi dell’anno sono state pari addirittura a 208 milioni, con un incremento del 14,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Preoccupano infine le previsioni degli imprenditori per i prossimi sei mesi. Perché l’eccesso di occupazione rispetto ai volumi prodotti, unito alla debole evoluzione dell’attività produttiva inducono le imprese metalmeccaniche a stimare un ulteriore ridimensionamento dei livelli occupazionali. In tutto ciò, la ripresa di cui abbiamo sentito parlare troppe volte, pare davvero lontana.

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