Balotelli ha scontato la squalifica, non convocarlo sarebbe una punizione aggiuntiva alla punizione”. Queste le parole, pronunciate ieri sera al Tg1, con cui il ct della nazionale Cesare Prandelli innesca l’autodistruzione del suo codice etico. E forse del suo stesso personaggio pubblico. Il caso Balotelli è infatti solo l’ultimo esempio di una curiosa applicazione della legge da parte del commissario tecnico. Il milanista era stato squalificato per tre giornate per aver rivolto “espressioni ingiuriose e intimidatorie” nei confronti dell’arbitro Banti al termine di Milan-Napoli. E pertanto come da regolamento avrebbe dovuto saltare la nazionale, ma evidentemente la sua presenza nelle ultime due partite di qualificazione contro Danimarca e Armenia è troppo importante.

E la giustificazione offerta dal ct – “Se la squalifica intercorre e scade prima della convocazione (domenica sera contro la Juve è l’ultima delle tre giornate ndr.), non posso intervenire, sarebbe aggravare una situazione già abbastanza difficile” – ha lo stridore delle unghie che si arrampicano sugli specchi. Anche perché Prandelli, il cui rapporto con la nazionale terminerà dopo i Mondiali 2014 in Brasile, nella stessa intervista al Tg1 si prodiga in un elogio del Milan: “Il Milan è stato esemplare nel non fare ricorso alla squalifica di Mario”. Dimenticando però che lo stesso Galliani, che in un primo tempo aveva annunciato il ricorso e poi ha detto che non lo avrebbe presentato per motivi “etici”, ha in seguito ammesso che non lo avrebbe presentato perché il referto dell’arbitro non lasciava spiragli.

Si è trattato quindi di una superflua captatio benevolentiae nei confronti del Milan (suo prossimo club?) e di Galliani (suo futuro datore di lavoro?). Prandelli, che ha sempre goduto di ottima stampa e che non ha mai dovuto rendere conto dei suoi errori, dovrebbe però cominciare a spiegare come funziona questo codice etico, che fin dall’inizio è sembrato reggersi su pesi e misure diverse a seconda del club dove giocava il calciatore in esame. Per due volte il giallorosso De Rossi non è stato convocato per aver colpito un avversario in campo, e il suo compagno di squadra Osvaldo è stato addirittura escluso dalla Confederations Cup per un tweet contro il tecnico Andreazzoli dopo la finale di Coppa Italia.

Mentre Balotelli, quando era al Manchester City, poteva prendere a scarpate gli avversari e restare sicuro del suo posto in azzurro. Così come, solo due settimane prima del tweet di Osvaldo, ne aveva dette di ogni colore al guardalinee davanti alle telecamere senza per questo essere escluso dal ct.. Ma il capolavoro dell’applicazione ineguale del codice etico lo si trova il mese prima della partenza per Euro 2012: quando Prandelli manda a casa Criscito, terzino dello Zenit perché riceve un avviso di garanzia per il caso calcioscommesse – “non è sereno”, abbozza il ct. – e si porta invece in Polonia e Ucraina lo juventino Bonucci, che all’epoca è addirittura indagato, notizia che sa tutto il paese ma non il ct. Poi Prandelli è stato giustamente incensato quando nel dicembre 2011 invita a Coverciano il calciatore del Gubbio Farina, effimero eroe nazionale per aver rifiutato i soldi per combinare una partita e aver denunciato il fatto, facendo così partire la seconda tranche dell’inchiesta sul calcioscommesse.

Ma solo sei mesi più tardi il ct inserisce il figlio Niccolò nello staff della nazionale in partenza per Euro 2012 nel ruolo di preparatore atletico, sostenendo che il pargolo sia lì per meriti acquisiti, dato che era già stato nel suo staff a Firenze, e non per raccomandazione. Oggi Prandelli junior è tra i preparatori atletici del Parma, squadra cui il ct è molto legato, mentre Simone Farina ostracizzato dal calcio italiano è emigrato in Inghilterra dove si occupa dei ragazzini dell’Aston Villa. Per non parlare delle bestemmie del devoto ct durante l’Europeo 2012 dopo il gol di Pirlo con la Croazia e in Confederations dopo quello di De Rossi col Giapponesempre negate di fronte all’evidenza – “dicevo: dai andiamo” o “avrò detto zio” – e pertanto mai punite dal codice etico. Perché in fondo, come molte altre in Italia, anche il codice etico si è dimostrato essere una legge ad personam.

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