Nel calcio l’eredità è un fardello. E la peggior partenza negli ultimi trent’anni del Manchester United è una crepa che si sta allargando sempre più nella squadra più vincente della storia del calcio inglese, rischiando di far crollare il tempio. La caduta degli dei è fragorosa. Lo United dodicesimo in classifica ha 7 punti dopo 6 giornate e, dopo la sconfitta interna con il West Bromwich, il nuovo tecnico David Moyes è sulla graticola. Un inizio così terribile non si vedeva dalla stagione 1986-87, quando a novembre sulla panchina dei Red Devils è arrivato un ex sindacalista di Glasgow che aveva portato la nazionale scozzese ai mondiali del Messico. Era Alex Ferguson, destinato a cambiare la storia. Dopo quasi trent’anni e infinite vittorie, quando Ferguson lo scorso maggio si ritira vuole scegliere personalmente il successore. E lì che, indicando il suo connazionale Moyes, commette probabilmente l’unico errore della sua carriera.

Durante la scorsa stagione i papabili sono Guardiola e Mourinho. In alternativa Solskjiaer, ex giocatore e tecnico delle giovanili. Invece, con Guardiola che va a Monaco, dall’urna esce il nome di Moyes: dieci anni all’Everton, una qualificazione in Champions e una finale di Fa Cup. Secondo un giornalista di El Pais al momento dell’annuncio Mourinho, convinto di essere il prescelto, scoppia a piangere. La stampa inglese invece è raggiante, la scelta segna la continuità e sancisce la supremazia del calcio britannico. Ma la partenza è disastrosa, Moyes perde a Liverpool, ne piglia 4 nel derby di Manchester e cade col West Bromwich. E la stampa parte all’attacco. C’è chi insinua che non abbia personalità, o fa notare come abbia mancato tutti gli obiettivi di mercato dell’estate, dal gioiello Fabregas all’oscuro terzino Baines. C’è chi snocciola statistiche per cui lo United quest’anno non potrà mai vincere o fa notare come l’Everton, senza di lui, abbia quasi il doppio dei suoi punti.

L’uomo che ha fatto piangere Mourinho è in crisi nera, e anche il tecnico dello Shaktar Donetsk avversario domani in Champions rigira il coltello. “Non ha il phisyque du role, e i suoi continui cambi di formazione fanno pensare a un uomo in stato confusionario” dice Lucescu. Sono passati 46 giorni dal primo allenamento di Moyes con il Manchester e il paragone non può che andare ai 44 giorni di regno di Brian Clough a Leeds, immortalati nello splendido libro Il Maledetto United. Anche allora si trattava di sostituire una leggenda come Don Revie, e il libro narra di come Clough vagasse solitario per i corridoi dello stadio tormentato dalle apparizioni del fantasma di Revie, o si abbandonasse sulla poltrona dell’ufficio senza smettere per un attimo di pensare che fino a qualche giorno prima lì s’era seduto il migliore. Un’atmosfera labirintica che non è difficile immaginare sia oggi quella di Manchester.

E per un Moyes tormentato dai fantasmi, c’è un Mourinho che una volta ritornato al Chelsea sembra tormentato da se stesso. Dopo la sconfitta casalinga in Champions con il Basilea e il pareggio col Tottenham, ieri in conferenza stampa a Bucarest alla prima domanda scomoda Mou si è alzato e se ne è andato infuriato. E chissà che dopo Ferguson stasera non lo faccia piangere il bomber in fuga Fernando Piovaccari. Magra consolazione per Mou è che al Bernabeu i tifosi cantino ancora il suo nome, come hanno fatto sabato quando il Real Madrid ha perso il derby con l’Atletico. Una partita che ha lanciato i colchoneros di Simeone al primo posto alla pari col Barcellona e con 5 punti di vantaggio sul Real, tanto che in Spagna è partito l’assalto ad Ancelotti. Le accuse: una squadra molle e senza gioco, Diego Lopez in porta al posto di Casillas e Benzema in attacco per volere presidenziale, le promesse di spettacolo e il gioco all’italiana. Una situazione tutt’altro che facile. Se è comprensibile che sia complicato allenare dopo Ferguson, la storia ha anche dimostrato che chiunque arriva dopo Mou si brucia, anche se non lo merita. Nel calcio, l’eredità è un fardello.

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