Sessantaquattro anni fa. Primo ottobre 1949: fondazione della Repubblica popolare cinese. Con un’imponente marcia militare acclamata da una popolazione festante, Mao Zedong entrava a Piazza Tian’anmen assieme all’Esercito di liberazione popolare. Trionfante e benvoluto aveva annunciato la vittoria del Partito comunista e, soprattutto, la fine della guerra civile. “I soldati sono i pesci, il popolo l’acqua”, ripetevano gli alti quadri del Partito. E senza l’acqua, si sa, i pesci non hanno possibilità di sopravvivenza.

Sono passati 64 anni. Un numero frequentemente censurato, perché ricorda una data che la leadership ha cercato in tutti i modi di cancellare dalla storia del paese. In Cina è ancora definito genericamente come “l’incidente del 4 giugno”, 64, nella stringente logica cinese che ordina rigorosamente lo scibile secondo grandezza: prima l’anno (1989), poi il mese (06) e infine il giorno (04). Quella notte in cui i carri armati raggiunsero per la seconda e ultima volta il cuore di Pechino e posero violentemente fine all’occupazione degli studenti di piazza Tian’anmen.

Un’occupazione nata da un sentimento di sfiducia verso una politica sempre più corrotta. Un’occupazione che era ricorsa allo sciopero della fame e che, con l’appoggio popolare, per oltre un mese aveva tenuto sotto scacco il governo che si apprestava a mettere in pratica “il socialismo con caratteristiche cinesi”, quelle aperture all’economia di mercato che hanno trasformato il paese nella Cina che oggi conosciamo. La seconda potenza economica a livello mondiale. Nel bene e nel male.

Il 4 giugno dell’anno scorso, 23esimo anniversario dei “fatti” di Tian’anmen, sui social network cinesi la ricerca di semplici parole come “oggi”, “domani” e “ieri” non dava alcun risultato. Stessa sorte per tutte quelle combinazioni di numeri che potessero rimandare al 4/6/89. Bloccati 23, per non dimenticare, tributo silenzioso, commemorare e tutto ciò che potesse anche vagamente essere messo in correlazione con “l’incidente” accaduto oltre vent’anni prima. Addirittura le emoticon con la candela erano state disattivate dalle piattaforme di messaggistica istantanea. Il 4 giugno dell’anno scorso la borsa di Shanghai aveva sorprendentemente chiuso a -64,89. Per questo, nel giorno del ventitreesimo anniversario di Tian’anmen, non era consultabile neanche l’indice della borsa. [da #35maggio – ricordare Tiananmen]

Ma oggi è il Partito comunista a festeggiare i suoi 64 anni di governo. Così sfugge ai censori una foto degli addobbi floreali ufficiali con cui il Partito ha abbellito le città per festeggiare la sua lunga vita. C’è un gigantesco 64 a cui qualcuno ha aggiunto due parole: “difficile dimenticare”. Oggi è virale nell’intranet cinese e ancora nessuno se ne è accorto. Censurati invece altri commenti. Come quello dell’avvocato Li Guobin.

Ricordiamo i milioni di soldati morti durante la guerra civile, i borghesi e gli antirivoluzionari uccisi dai movimenti politici, i civili morti durante la Rivoluzione culturale, le persone ammazzate in piazza Tian’anmen, chi ha perso la vita difendendo le sue proprietà dalle demolizioni forzate e gli ambulanti morti a seguito di un litigio con i funzionari per il decoro urbano”. E sì, che il presidente Xi Jinping ha fatto tornare in auge l’istituto maoista dell’autocritica.
 

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