Ovviamente Krugman si riferisce all’ormai molto probabile buco di cassa del governo americano che si aprirà il prossimo 1 ottobre.

Come mai un economista serio come Krugman si lascia andare ad una dichiarazione così pessimistica? In fondo (è lui stesso a dirlo), anche se martedì prossimo il governo americano dovrà chiudere la Cassa per mancanza di fondi, e questo comporterà una lunga serie di effetti negativi su tutto il sistema economico e sociale americano (in parte ne ho già parlato nel mio articolo di giovedì scorso: “Usa, mancano pochi giorni al default di cassa”), questo fatto non è una novità  assoluta, recentemente è già successo una volta nel 1995 e un’ altra nel 1996, e benché i disagi fossero stati gravi, nessuno ebbe l’ardire di paragonarli a una mezza fine del mondo.    

Sì, dice Krugman, ma allora si era in una fase di pieno boom economico, quindi il default di cassa provocava gravi disagi per coloro che si aspettavano dei pagamenti dall’amministrazione pubblica ma non c’era un rischio immediato di far precipitare l’intero paese in una gravissima recessione.

Stavolta invece questo rischio c’è, anzi, non è nemmeno un  rischio, è proprio una certezza, perché la chiusura della Cassa costringerà a fare immediati pesantissimi tagli alla spesa pubblica, invertendo quindi di colpo quel faticoso percorso di lenta ripresa, durato 5 anni, per far uscire il paese dalla crisi.

L’aspetto più grave di questa faccenda però non è solo la brutta figura di un governo che non trova i soldi per pagare i propri dipendenti (servizi pubblici, scuole, ecc.) ma è quello di tipo finanziario dovuto al fatto che potrebbero non bastare i soldi per pagare gli interessi sul debito (le obbligazioni dello Stato).

Il debito americano è classificato tra i più sicuri del mondo. Uno stop nei suoi rimborsi, anche se solo temporaneo, farebbe certamente scendere il suo rating, si alzerebbero i tassi e molti risparmiatori investirebbero altrove. Quindi con un lungo effetto negativo a catena che tra l’altro farebbe immediatamente risalire il livello della disoccupazione in America e scendere la confidenza dei consumatori.

Trattandosi della maggiore economia al mondo questa repentina ricaduta nella crisi non potrebbe non avere ripercussioni anche a livello globale. Qualcuno teme persino il rischio di un ripetersi di quell’effetto “domino” che stava per partire nel 2008, fermato solo con un gigantesco sostegno finanziario da parte del Tesoro americano.

Tutto questo avverrebbe esclusivamente per motivo politico: il partito repubblicano, che ha la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, è disponibile ad alzare il tetto del debito e risolvere così questo gravissimo problema, ma solo a condizione che Obama ceda al ricatto di avviare come contropartita una politica di risparmio sulle spese statali imponendo durissimi tagli alle spese del welfare, compresa la riforma della sanità che dovrebbe partire proprio in ottobre.  Il ricatto comprende ovviamente anche la solita rigida difesa ad oltranza dei privilegi fiscali e normativi concessi alle categorie dei ricchi e degli straricchi. In quella direzione i repubblicani non ammettono alcun risparmio e nessuna maggiore entrata fiscale.

Questa follia del tetto del debito (che fino ad un paio di anni fa in Europa non c’era) e’ veramente un provvedimento che non ha alcuna reale motivazione economica.

Il tetto è un punto rigido che blocca tutto al suo raggiungimento. Pura follia! E’ come bloccare tutto, meno i freni, ad una macchina che supera il limite di velocità. Cosa succederà a quella macchina e ai suoi occupanti? Meglio non pensarci. L’unico vero scopo del tetto al debito è la possibilità di azionare al momento opportuno il ricatto politico con il quale i fanatici del neo-liberismo economico stanno distruggendo le conquiste sociali raggiunte in oltre un secolo di lotte e sacrifici dalla gente per bene.

La follia, dice Krugman, non è nella difficoltà oggettiva delle situazioni, ma nella testa di certi politici … e in quella di chi li vota (è sempre lui a dirlo!).

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