In principio fu il Bed-In. E lì, accanto a John Lennon e Yoko Ono sdraiati in pigiama su quel lettone bianco della stanza 1742 del Queen Elizabeth hotel di Montreal, ecco sbucare il fotografo Bruno Vagnini da Reggio Emilia. Storie d’altri tempi, epoca di rivoluzioni, ideali ed utopie. Give peace a chance era a portata di mano e di click.

Per l’esattezza 36 scatti di una vecchia Nikon. Un rullino in bianco e nero, e niente più. Altro che il tasto a ripetizione della macchinette digitali. Vagnini, a Montreal per caso, convinto da un amico che gli dice di provare ad entrare con un tesserino fugace in quell’happening salottiero e mediatico, inquadra rapido e veloce la neonata coppia d’oro che dopo il primo Bed-In di Amsterdam era appena stata rifiutata da New York, visti i trascorsi giudiziari con possesso di cannabis dell’ex Beatles.

Le foto, che alla fine sono 26, saranno in mostra dal 20 settembre al 5 ottobre 2013 presso la galleria Ono Arte di Bologna. Scatti storici, praticamente mai esposti, anche in vendita – i prezzi variano da 200 a 300 euro -, per un fotografo che lavorò in quel periodo di contestazione e ribellione anche in punti “caldi” del pianeta come il Vietnam e il Sud Africa, e che poi finì per tornare in Italia a fare il commercialista.

“All’epoca frequentavo l’Accademia delle Belle Arti a Montreal. Un amico mi convinse a tentare di aggirare il servizio d’ordine della suite con un tesserino dell’università e la macchinaa fotografica comprata il giorno prima con i miei ultimi risparmi”, spiega Vagnini, “era l’ultimo giorno di permanenza di Lennon e Yoko, ma con stupore arrivati all’hotel a parte una guardia all’entrata davanti alla stanza non c’era nessuno. Un nostro coetaneo era lì a giocare con Kyoko, la figlia della coppia, io la cominciai a fotografarla, pensai ‘se non mi fanno entrare posso sempre provare di esserci stato’ ”.

La suite 1742 si spalancò senza troppi problemi ai due: “La luce fu la prima cosa che mi colpì in modo particolare: passare da una stanza senza finestre e illuminata artificialmente ad una finestra a tutta larghezza della parete fu come passare dalla sera direttamente al pieno giorno”, spiega Vagnini, “Tutta la stanza era dipinta di bianco. Sui vetri della finestra, sul cui davanzale interno erano appoggiati libri, strani fascicoli non meglio identificati, un pacchetto di sigarette, una tazzina da caffè, vasi di fiori ed un orsacchiotto di peluche, c’erano attaccati con nastro adesivo grandi fogli da disegno con slogan inneggianti all’amore e alla pace. L’estemporanea galleria d’arte continuava poi sulle pareti della stanza arricchendosi anche di copertine di 33 giri. Sul letto rigorosamente bianco troneggiavano comodamente distesi John e Yoko che rispondevano alle domande di uno sparuto gruppetto di ragazzi”.

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