Quasi trecentomila euro scomparsi. Sono i soldi del trattamento di fine rapporto che sarebbero dovuti arrivare nelle tasche di dodici dipendenti del gruppo parlamentare del Pdl all’Assemblea Regionale Siciliana. E invece alla scadenza della scorsa legislatura quei soldi non si sono visti. E per la verità i dodici dipendenti del loro Tfr non hanno avuto notizie neanche dopo, quando nel dicembre del 2012 si è aperta la nuova legislatura, con l’insediamento del nuovo gruppo parlamentare del Pdl, che per l’occasione ha cambiato nome: da Popolo della Libertà a Pdl per il Ppe. Solo un cambio di sigla perché comunque quei soldi ai dipendenti del gruppo parlamentare toccano di diritto.

È l’Assemblea Regionale Siciliana che finanzia i gruppi parlamentari ogni anno: nell’ultima legislatura, dal 2008 al 2012, sono costati ai contribuenti quasi sessanta milioni di euro, come appurato dai militari della guardia di finanza che da alcuni mesi stanno cercando di fare luce sull’utilizzo che i partiti fanno dei fondi parlamentari. Dei sessanta milioni sborsati dall’Ars, tredici milioni e mezzo sono finiti sul conto del Pdl. Denaro utilizzato soprattutto per pagare ogni mese lo stipendio ai dipendenti, mentre una parte doveva appunto essere accantonata per il successivo pagamento dei Tfr. E invece di quel tesoretto di trecentomila euro non si hanno notizie. Per questo i dipendenti del gruppo parlamentare si sono rivolti ad un legale: l’avvocato Vito Patanella, lo stesso che in passato aveva messo in mora i vertici di Palazzo dei Normanni per 24 milioni di euro. Questa volta i decreti ingiuntivi ammontano soltanto a 230 mila euro: denaro già versato dall’Ars al gruppo parlamentare del Pdl per pagare i Tfr ai dipendenti. Che però, come detto, è svanito nel nulla.

Per recuperare il loro Tfr, i dipendenti hanno quindi fatto pervenire un decreto ingiuntivo ai parlamentari del Pdl che siedono o sedevano sui banchi di Sala d’Ercole. Decreto subito bloccato dall’opposizione dello studio legale Greco, che difende gli interessi dei deputati pidiellini. I dipendenti del gruppo parlamentare in pratica, non avendo trovato un euro nel fondo dedicato al loro Tfr, hanno provato ad attaccare i beni personali di deputati di spicco come l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio o l’ex assessore regionale e oggi senatore Francesco Scoma, recentemente condannati dalla Corte dei Conti, insieme ad altri 15 colleghi, a risarcire con circa 700mila euro a testa la Regione per lo scandalo delle assunzioni al servizio d’emergenza del 118. Nella lista dei parlamentari “insolventi” nei confronti dei dipendenti anche l’attuale capogruppo del Pdl all’Ars Nino D’Asero, che cerca di minimizzare la questione: “Ci sono tanti problemi perché crearne degli altri?” esordisce il deputato pidiellino. “Abbiamo affidato il problema burocratico ai legali – continua – e spero si risolva tutto per il meglio e in tempi brevi”.

Ma quel buco da trecentomila euro, soldi già erogati dall’Ars al Pdl, com’è stato creato? Che fine ha fatto quel denaro? D’Asero non ne ha idea. “Onestamente non so che dirle, dato che non ero io il responsabile, non essendo il capogruppo”. Nell’ultima legislatura infatti il capogruppo del Pdl era Innocenzo Leontini, che alle ultime elezioni non è riuscito a confermare il suo seggio da deputato. Leontini, anche lui destinatario del decreto ingiuntivo promosso dai dipendenti, ha una sua personale spiegazione su come si sia creato quel buco da trecentomila euro nei conti del Pdl. “Tutta colpa della spaccatura – spiega – quando Gianfranco Micciché creò il Pdl Sicilia, e poi Grande Sud, si portò soltanto due dipendenti del gruppo parlamentare. Tutti gli altri rimasero a noi che però avevamo meno deputati di prima, e quindi anche l’Ars ci erogava fondi in meno. Dovevamo pagare quegli stipendi e quindi non siamo riusciti a mantenere il fondo per il Tfr” spiega a ilfattoquotidiano.it.

E in effetti il gruppo parlamentare del Pdl aveva fatto già notizia in passato, quando, con soltanto 15 parlamentari, pagava lo stipendio a ben 23 dipendenti. Alcuni, raccontano fonti interne al partito, negli uffici del gruppo parlamentare non si sarebbero mai visti. Ed è per questo che i dodici dipendenti lasciati senza Tfr oggi sono imbufaliti. “Quei soldi ci spettano di diritto, dato che l’Ars li aveva già erogati al gruppo” dicono, dopo che proprio nelle ultime ore hanno visto i deputati far saltare i lavori della commissione sulla spending review per evitare il taglio degli stipendi. Solo quelli loro, però, che ammontano a tredicimila euro lordi al mese: gli stipendi di dipendenti e funzionari, infatti, sono già stati tagliati da mesi come prevede il decreto Monti. Per risolvere la questione e pagare i trecentomila euro di Tfr ai dipendenti, i parlamentari del Pdl stanno pensando di chiedere un mutuo all’Ars. Palazzo dei Normanni si vedrà dunque chiedere un prestito dal Pdl per pagare spese che dovevano essere già coperte dai tredici milioni e mezzo erogati nell’ultima legislatura: una condizione che difficilmente una banca sarebbe mai disposta a sottoscrivere.

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