Il Fondo destinato al sostegno al reddito per lavoratori autonomi e precari è stato istituito a giugno 2012, con un decreto legge approvato poche settimane dopo che il terremoto aveva spazzato via le prospettive professionali di migliaia di persone. Due mesi dopo, il governo guidato da Mario Monti aveva deciso di finanziarlo con 70 milioni di euro. Ma di quei soldi, oggi, non si è ancora visto un centesimo. Dalla conversione in legge del decreto 74 sono trascorsi 16 mesi e quel denaro i lavoratori a partita Iva o senza contratto lo stanno ancora aspettando. I soldi promessi, conferma la Cna di Modena, “non sono arrivati”, né si sa quando arriveranno, e a più di un anno dai fenomeni sismici che hanno devastato il tessuto economico di ben sei provincie – Bologna, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Mantova e Rovigo – ci si chiede quale sia la ragione che motiva un ritardo definito da sindacati e associazioni di categoria “intollerabile”.

A portare in Parlamento la questione relativa alla mancata erogazione delle risorse destinate a sostenere autonomi, professionisti e precari, “che in seguito al terremoto si sono trovati senza un lavoro e senza clienti”, è stata la senatrice del Movimento 5 Stelle Elisa Bulgarelli, prima firmataria di una mozione presentata a maggio 2013 per chiedere lo sblocco immediato dei 70 milioni di euro, fino a quel momento “rimasti scritti sulla carta”.

Alla mozione, però, non è seguita una risposta altrettanto ‘immediata’. Perché come spesso accade quando si parla di terremoto e ricostruzione, è l’apparato statale stesso a rallentare i provvedimenti approvati dal governo o dal Parlamento. Nello specifico, il decreto numero 74 del 2012, convertito nella legge 122, che istituiva il Fondo, fissava in 30 giorni dall’emanazione il limite entro il quale procedere per definire le modalità di attuazione del finanziamento, demandate al ministero del Lavoro e a quello dell’Economia. Poche settimane dopo, però, il termine era stato aggiornato a ottobre 2012, e “dei 70 milioni – spiega Bulgarelli – non si è più parlato”. Almeno finché in carica c’era il governo guidato da Mario Monti. Passato il testimone a Enrico Letta, tuttavia, la situazione “non è cambiata di molto”.

A maggio 2013, quindi, il M5S ha interpellato il Senato, e alla richiesta di sbloccare i 70 milioni si sono unite anche le Regioni colpite dal terremoto, che nel giugno scorso hanno siglato l’accordo per la ripartizione dei fondi stanziati dallo Stato: il 92,2% sarebbero andati all’Emilia Romagna, il 6,8% alla Lombardia e l’1% al Veneto. A quel punto spettava ai ministri Fabrizio Saccomanni ed Enrico Giovannini firmare il decreto attuativo per definire le modalità di funzionamento del Fondo, che poi debbono passare al vaglio della Corte dei Conti e infine essere pubblicate. Processo che, da solo, richiederebbe circa un mese di tempo.

Ma a quel punto il procedimento si è ingarbugliato. “Il ministro Saccomanni ad agosto ci aveva detto di ‘aver provveduto’ – racconta il Movimento 5 Stelle – che il decreto era stato firmato e inoltrato al ministero del Lavoro, il quale, però, sostiene di non aver ancora ricevuto nulla”. E sebbene siano trascorse diverse settimane da allora, a metà settembre, secondo il Gabinetto del ministro sul tavolo di Giovannini del decreto attuativo non c’era ancora traccia. “La situazione è ferma a giugno – continuano i grillini, che hanno continuato a sollecitare, mese dopo mese, entrambi i dicasteri – quando i presidenti Vasco Errani, Luca Zaia e Roberto Maroni hanno firmato la convenzione. Pare, anzi, che il decreto sia ancora al ministero dell’Economia”.

Quei 70 milioni, però, servono subito. Anzi, avrebbero fatto comodo ai lavoratori ‘senza contratto’ già da diverso tempo. Secondo i calcoli della Cgil sarebbero più di mille, solo nella bassa modenese, i precari che ne avrebbero diritto, e questo senza calcolare gli autonomi e le partite Iva che dal sindacato non sono rappresentati. “La situazione è preoccupante – spiega Tania Scacchetti, segretario della Cgil di Modena – se già prima del terremoto questa categoria di lavoratori aveva una produttività frammentata dalla crisi economica, ora il quadro è molto più drammatico. In pratica la situazione attuale in Emilia è molto simile al dopoguerra”.

Tanto che, se per le imprese, in generale, rialzarsi dal baratro in cui il sisma ha precipitato uno dei tessuti produttivi più efficienti d’Italia è molto difficile, per autonomi, partite iva e precari è quasi un miraggio. Perché “non c’è solo la burocrazia a complicare un quadro già pesantissimo, sebbene le appena 300 domande di rimborso presentate dalle aziende a tre mesi dalla scadenza dei termini fissati dall’ordinanza 57, quando la Regione se ne aspettava circa 10.000, siano abbastanza indicative delle difficoltà tecniche a cui devono far fronte le aziende che vogliono ricostruire le proprie fabbriche” spiega Andrea Tosi, responsabile politiche economiche della Cna di Modena.

Uno dei problemi maggiori, oggi, è proprio quello del credito. “Fin dall’anno scorso le banche hanno promesso alle aziende l’erogazione di prestiti a tasso agevolato ma in realtà, da quando c’è stato il terremoto, ottenere un finanziamento è diventato ancora più difficile – continua Tosi – le banche, nel momento in cui l’impresa presenta una domanda di finanziamento, pretendono delle garanzie che quasi nessuno oggi ha modo di dare. E né la Regione, né la Cassa depositi prestiti sono intervenute in tal senso”. Quindi, se per una grossa azienda è difficile ottenere liquidità, per i liberi professionisti, per le imprese uninominali e per i precari è praticamente impossibile. “Anche per questo – conclude Tosi – è inaccettabile che ci siano fondi già disponibili ma bloccati dalla mancanza di un decreto attuativo”.

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