La notizia del taglio di 20 miliardi di finanziamenti privati alle Unità di polizia pacificatrice delle favelas di Rio de Janeiro fa temere una pericolosa rimodulazione del progetto che ha portato a buoni successi in termini di sicurezza e criminalità per la città, attesa alla prova dei mondiali di calcio 2014 e delle olimpiadi 2016. Sin dall’avvio della politica di pacificazione delle comunità carioca, nel dicembre del 2008, furono molti gli osservatori a denunciare una forte commistione di interessi pubblico-privati, miranti a sfruttare le favelas come ‘pivot’ di speculazione. Ora che però Eike Batista, l’uomo più ricco del Brasile, ha deciso di far saltare l’ultima rata di aiuti da 20 miliardi, il pericolo è che al danno della speculazione, spesso subita degli abitanti delle favelas, si aggiunga la beffa di non poter neanche beneficiare di tutto quanto di positivo in termini di criminalità possa continuare ad apportare il progetto. Senza contare il rischio sicurezza.

La Ogx, società del gruppo del miliardario, ha informato che cancellerà il finanziamento pattuito, che sarebbe stato utilizzato per la costruzione di una nuova sede della polizia militare e l’acquisto di equipaggiamento, dai pc alle armi, fino alle auto blindate. I motivi della disposizione, sono legati alla crisi economica che Batista sta affrontando con 14 delle società del suo impero economico. Il rischio collegato al taglio improvviso è, oltre alla possibilità di rivedere al ribasso il piano complessivo, quello tecnico dovuto alla necessità di acquistare con gare di appalto ciò che prima era ‘donato’. Cosa che farebbe dilatare i tempi di almeno 6 mesi per ogni fornitura. Nonostante ciò le autorità garantiscono che non ci saranno ritardi.

Il piano di pacificazione delle favelas attraverso una unità specifica della polizia militare di Rio prevede una ‘occupazione’ delle comunità in mano ai trafficanti che, di fronte a una presenza non più sporadica, ma definitiva e massiccia delle forze di polizia, sono costretti a nascondere le armi e mimetizzare i traffici. Questo sin dall’inizio ha portato a una diminuzione degli scontri a fuoco e a un crollo del numero di morti sia tra fazioni in lotta che tra polizia a trafficanti. Migliorando le condizioni di vita dei residenti. L’altra faccia della medaglia delle Upp, che beneficiano già oltre un milione e mezzo di residenti, è una deriva speculativa che vede al centro proprio le favelas. In un momento in cui la possibilità di accedere a ingenti fondi statali è stata favorita dal periodo di boom economico del paese sudamericano e dall’indicazione del Brasile per lo svolgimento dei mondiali di coppa del mondo di calcio nel 2014 e delle olimpiadi nella città carioca nel 2016, molto è stato fatto in termini di pubblica sicurezza. E che si voglia sfruttare la felice contingenza per creare le condizioni per aumentare ancor di più la ricchezza dello Stato di Rio è evidente. Così la Upp, sarebbe una delle voci nella colonna dei ‘costi’ per raggiungere un obiettivo economico.

Da quando le favelas sono state ‘pacificate’, le società di servizi hanno visto crescere enormemente i guadagni. Così anche la grande distribuzione commerciale e alimentare. Oltre a queste, chi si sta arricchendo sono anche i grandi proprietari immobiliari, tutti quelli che in un modo o nell’altro hanno accumulato proprietà e sono riusciti ad acquistare a prezzi estremamente di favore, se non fuori mercato, fino ad appena quattro o cinque anni fa, nei dintorni delle favelas: ora hanno visto crescere le rendite con percentuali a tre cifre in pochissimo tempo. Soprattutto per l’influsso benefico delle Upp. La domanda immobiliare delle multinazionali sempre più presenti in città, unita alla politica di pacificazione, ha innescato un processo di crescita della rendita immobiliare. I prezzi d’affitto degli immobili commerciali a Rio de Janeiro sono passati dall’ottavo posto al terzo tra i più cari del mondo, in appena due anni. Crescita molto simile anche per le abitazioni, sia per la vendita che per gli affitti.

A contribuire alla speculazione, è stato lo stesso governatore Sergio Cabral, il quale con un’operazione da grandi numeri ha messo in vendita lo storico quartier generale della polizia militare in pieno centro a Rio, oltre ad alcune altre caserme, tutte in aree che prima erano a bassa rendita e che ora si sono rivalutare. Lo storico edificio che occupa un’area di complessivi 13mila metri quadrati, è stato rilevato dalla società petrolifera statale Petrobras per 336 milioni di Real, più di 150 milioni di euro. Essendo le favelas delle ‘isole’, quasi quanto i battaglioni della polizia militare, in mezzo ai quartieri nobili e ricchi della città, dove è impossibile costruire, sono anche queste ovviamente finite all’interno delle operazione di speculazione. E non solo sul versante immobiliare. A Rio il 20% della popolazione vive in favelas. Circa un milione e trecentomila abitanti che movimentano 13miliardi di Real all’anno. Un valore che da solo supera il prodotto interno lordo di diverse capitali brasiliane. L’entrata massiccia delle imprese nelle favelas evidenzia un interesse del capitale dietro il discorso della sicurezza pubblica. Il cambio di posizionamento di mercato, voluto dallo Stato, ha avuto inizio quando la favela è passata a essere vista come spazio lucrativo. Per questo l’installazione di cinema, alimentari, banche e finanziarie. Il tutto per spingere i ‘favelados’ a vedersi sempre più come consumatori. Per rendere possibile questo, è stato necessario favorire l’accesso delle società, eliminando la presenza di trafficanti armati. Nella visione più critica del progetto, la Upp ha due gambe: la militarizzazione e la ‘mercantilizzazione’ nelle favelas. Entrambe colpite dal taglio disposto dalle società di Eike Batista. Resta da vedere a che prezzo.

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