Il Cavaliere resta Cavaliere. Nel senso che nonostante la condanna definitiva per frode fiscale, il dottor Silvio Berlusconi conserva il titolo onorifico che gli fu attribuito nel lontano 1977, che lui esibisce con orgoglio e che è stato assunto dai giornali come una specie di alias, un secondo nome con annessa qualifica di probità e operosità meneghina. Chi avrebbe il potere di avviare le pratiche perché l’onorificenza gli venga tolta se ne guarda bene dal farlo. Non ci pensano i ministri competenti, comprensibilmente bloccati, dal loro punto di vista, dall’idea che qualsiasi soffio possa stendere il governo. Ma non ci pensa neanche il prefetto di Milano a cui pure la legge concede una facoltà di iniziativa.

Insediatosi il 19 agosto, il prefetto Francesco Paolo Tronca sembra non avere alcuna intenzione di prendere in considerazione la faccenda. Preferisce prendere tempo, in perfetta sintonia con il governo delle larghe intese che lo ha nominato l’8 agosto e con il segretario pdl e ministro dell’Interno, Angelino Alfano, suo referente diretto. Conoscendo bene le norme, non può negare che l’ipotesi della revoca del titolo e del ritiro della croce d’oro con collare sia campata in aria. Ma da alto rappresentante delle istituzioni di questa Italia che pare incapace di far rispettare le sentenze quando di mezzo c’è un cittadino considerato di fatto più uguale degli altri, sa che quando si tratta di Berlusconi perfino la revoca di un titolo onorifico diventa un casus belli. Preferisce quindi esercitarsi nella nobile arte della non decisione. A precisa domanda del Fatto, fa sapere che “il quadro complessivo non è chiaro, bisogna approfondire, devono essere messi a fuoco gli aspetti giuridici e procedurali”. 

Eppure la legge sull’attribuzione e l’eventuale revoca del cavalierato appare lineare sia nell’elencazione dei meriti richiesti per la concessione dell’onorificenza sia nello stabilire i motivi che possono causare la sua perdita e i soggetti che la possono reclamare. È una norma ormai consolidata, risalente a 27 anni fa e applicata altre volte per stabilire la decadenza degli interessati, come successe, per esempio, con Calisto Tanzi della Parmalat. Essa stabilisce che per quanto riguarda i meriti, l’aspirante Cavaliere deve dimostrare di “aver tenuto una specchiata condotta civile e sociale” e di “aver adempiuto agli obblighi tributari”. Il prefetto riceve le proposte di candidatura e avvia un’istruttoria che tiene conto sia delle informazioni possedute dalla stessa Prefettura, sia di quelle fornite dalla Camera di commercio, dall’Ispettorato del lavoro, dall’Intendenza di finanza e dall’autorità giudiziaria.

Quali informazioni fornirebbero  oggi al prefetto Tronca gli uffici fiscali e l’autorità giudiziaria a proposito del cavalier Silvio Berlusconi? Anche per quanto riguarda la revoca, la legge è chiara: “Incorre nella perdita dell’onorificenza l’insignito che se ne renda indegno”. Sostenere che un condannato in via definitiva per frode fiscale conservi integro il requisito dell’onorabilità è come dire che Cristo fu ucciso dal sonno. Del prefetto Tronca che si manifesta dubbioso ritenendo indispensabili “approfondimenti”, in passato si sono già occupati i giornali. Per esempio due anni fa venne fuori che suo figlio fu accompagnato a una partita di calcio con un autista e un mezzo di soccorso dei Vigili del fuoco di cui il dottor Tronca a quei tempi aveva la guida. Era l’11 maggio e all’Olimpico la Roma ospitava l’Inter. 

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