Il Quotidiano Sanità, un notiziario specializzato diffuso sul web ha riportato che giacciono in Senato cinque proposte di Legge per regolamentare le medicine alternative; dovrebbero essere discusse dalla Commissione Igiene e Sanità nel corrente mese di settembre. Tre delle cinque riguardano l’omeopatia, le altre due la medicina tradizionale cinese e l’agopuntura; i testi possono essere letti tramite i link all’articolo citato. 

I cinque disegni di Legge condividono alcuni punti salienti: la difesa del diritto di scelta del malato e la proposta di istituire presso gli Ordini dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri registri dei professionisti abilitati a praticare le discipline dell’omeopatia o della medicina cinese o dell’agopuntura. Di fatto lo scopo è equiparare queste forme di medicina a delle specializzazioni e fornire uno status alle scuole che le insegnano (che al momento sono private e mancano di qualunque titolo reale).

L’omeopatia è una disciplina creata alla fine del 1700 da Samuel Hahnemann, sulla base delle ipotesi medico-biologiche dell’epoca, se non addirittura già screditate, prima fra tutte il vitalismo. Dall’epoca della sua creazione ad oggi è cambiata pochissimo ed i testi di Hahnemann sono ritenuti ancora attuali dagli omeopati. I progressi scientifici degli scorsi due secoli hanno dimostrato che le ipotesi di Hahnemann erano completamente infondate, e l’omeopatia non ha più alcuna base scientifca credibile; anche i suoi presunti successi terapeutici sono stati più volte pesantemente ridimensionati o negati.

Ad esempio uno studio pubblicato alcuni anni fa sulla rivista Lancet scriveva testualmente che i risultati pubblicati “sono compatibili con l’ipotesi che gli effetti clinici dell’omeopatia siano effetti placebo”. La medicina tradizionale cinese e l’agopuntura affondano la loro origine nella notte dei tempi e le loro basi sono più che screditate scientifcamente: sono ormai fole e leggende. Se l’agopuntura ha effetti, questi dipendono da ragioni diverse da quelle tradizionalmente indicate.

C’è un grave problema etico nel tentativo di promuovere legalmente queste discipline infondate. L’articolo 33 del Codice di Deontologia Medica dice che “il medico deve fornire al cittadino la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche”: lo specialista omeopata riconosciuto per Legge e iscritto all’Albo dovrà raccontare al paziente la favola della forza vitale disturbata dalla malattia?

Lo specialista di medicina tradizionale cinese gli parlerà di squilibrio dello Yin e delle Yang? Sono queste le teorie scientifiche alle quali il legislatore intende dare dignità di “più idonea informazione sulla diagnosi”? Il problema non si ferma all’informazione, perché il successivo art. 35 dice che “il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente”: è chiaro che se l’informazione fornita al paziente era cattiva, anche la validità del consenso informato è dubbia.

Giova anche ricordare che un tribunale di questa Repubblica ha emesso nel 2000 una sentenza sull’omeopatia nella quale si legge che “pur avendo la Comunità Scientifica Internazionale, sempre chiesto e mai ottenuto, dalla medicina omeopatica, quelle evidenze scientifiche che ne avrebbero attestato la validità, essa allo stato era del tutto carente di tale fondamento, rimanendo sostanzialmente una medicina delle emozioni.” 

Non è compito del legislatore stabilire la validità della scienza: il legislatore può soltanto recepire le indicazioni della comunità scientifica, indicazioni che nel caso dell’omeopatia e della medicina tradizionale cinese sono negative.

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