Benvenuti nel nuovo anno. Se lavorate nella scuola, benvenuti nel caos. Io, qui a Milano, il caos l’ho ben sperimentato. Una settimana fa abbiamo fatto le convocazioni, ho avuto l’incarico e preso servizio in una scuola. Mi arriva una mail stamani da una collega: rifanno le convocazioni, mi dice. Come? Ma io ho già preso servizio… E’ inaudita questa cosa. Peraltro nemmeno una chiamata dall’ufficio scolastico! E se la collega non aveva la mia mail? Il passaparola ha valore giuridico qui in Italia? D’accordo, l’hanno pubblicato in rete, ma non mi risulta ci sia una legge che ci obbliga a controllare quotidianamente il sito dell’ufficio scolastico…

Bene, chiamo l’ufficio scolastico, l’ex provveditorato. Chiedo conto di questa cosa, chiedo del responsabile. Non c’è. Sì, ma questo non si può fare, dico, io ho già il contratto, è impossibile. La signora al telefono (chi è? boh!) mi risponde così: qui siamo al ministero e tutto è possibile. Scusi signora, me lo ripete che questa frase me la scolpisco nel marmo?  Sì, possiamo farlo, dice.  E quale sarebbe, chiedo, il fondamento giuridico dal momento che ho già il contratto? Lei deve andare domattina alle convocazioni, punto, altrimenti subirà le conseguenze. E io vi denuncio tutti. Faccia pure: lei è l’insegnante, signor? Signora, lei prima mi dica il suo nome che io poi le dico il mio. Io le ho risposto al telefono e sono una funzionaria! Eh, io l’ho chiamata e sono un insegnante, perché mai dovrei dirle il mio nome se il suo non me l’ha detto? Ma guarda te che insegnanti, ha pure il coraggio dire la signora. Signora, lei è pazza. (E qui commetto un errore: i pazzi meritano rispetto, e non si può usare questa parola in questo modo. Ma al momento è stato l’eufemismo più annacquato che ho trovato).

Insomma, i precari subiscono normalmente umiliazioni su umiliazioni, e se osano chieder conto è giusto e normale che siano trattati come importuni impertinenti.

E poi, ricordatevene: qui tutto è possibile. Se mai aveste avuto bisogno di conferme.

 

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