Premesso: saremo sempre l’esordiente di qualcun altro.  Dunque ogni forma di isteria da “casoumano-casoletterario” non ha ragione di esistere, gli scrittori borderline o dedicati alla trombonaggine sono passati di moda, peggio dei pantaloni con le pence che ripudia persino il vintage, si riciclassero in nuove forme di vita al limite, meno esigenti, più confacenti casomai all’universo-mondo. Parlo per me, in special modo.

Di recente ho ricevuto la mail di un aspirante (oh che frustrazione perpetua), mi proponeva il suo lavoro, rispondo e chiedo: lavoro? Cioè? Faccio finta di non capire, ma lo so bene che ha pronto un manoscritto da propormi, ed è terribile (una situazione che conosco, che odio, ma che ho vissuto, e forse ancora, con indolenza, con odio sì); io non leggo manoscritti, chi sono io per giudicare? O siete tutti bravi, o fate tutti schifo, il concetto per me è questo; non ho la lucidità per pontificare o decidere; sono pigra forse; leggo i classici, l’ho detto. Poi scopro che il mittente della mail, non so per quale oscura ragione, immaginava che io fossi un’agente. Ma dai, rispondo, sono solo una che ha scritto un libro (non considero i tentativi precedenti, con piccoli editori). Lui replica con una risata: ahahah. Ma cosa c’è da ridere?

E allora ho pensato io a qualcosa, a una lettera che avrei voluto rendere pubblica un giorno, una specie di testamento morale dell’esordiente perenne. La lettera è questa: 

Caro editore,

le scrivo da qui, un luogo metafisico dove non si smette di esordire. Le chiedo caro editore: cosa dobbiamo di più ancora? Cosa possiamo raccontare, più che restare in mutande, cosa davvero cosa bisogna fare per smettere di esordire? Verrò presto da Lei, con un cartello al collo, una vera mostrina: ho smesso di esordire, please, merci. Una volta ero carina, non imprecavo in lingue sconosciute, a tavola non facevo storie, se mi mettevo in un posto là restavo. Non dò problemi, merci. E non sto qui a domandarmi se sia giusto togliere l’accento sulla prima persona del verbo dare, perché non è una nota, esatto. Aggiungo inoltre che ancora mi tengo bene, i jeans vanno stretti e non è crollato nulla.

Sono una personcina a modo, vorrei precisare, non eccedo col trucco, amo i rossetti, ho un bel cagnetto, e ho un pc senza stampante. Inoltre alle campestri arrivavo quarantatreesima oppure mi fermavo al secondo giro. Sono amica di certi rom, di Skender  e ridevamo un sacco, Skender giocava al videopoker e beccava le pentolacce dalla moglie Vera. Fumavo sigarette di pessimo tabacco, non bevo.

Cordiali saluti

Il Fatto Personale

di Antonio Padellaro 12€ Acquista
Articolo Precedente

Festival di Venezia 2013, Lenny Cooke e il sogno americano infranto

next
Articolo Successivo

John Fogerty, il rock che invecchia ma non tramonta

next