Quando Gareth Bale nasce in un sobborgo di Cardiff nell’estate del 1989, in Europa vanno ancora in onda le repliche della serie televisiva L’Uomo da Sei Milioni di Dollari: le vicende di un uomo bionico capace di imprese eccezionali, il cui valore d’uso è appunto quello all’epoca stratosferico di sei milioni di dollari. Un quarto di secolo dopo, quel ragazzino gallese si è fatto calciatore e ieri è stato venduto dal Tottenham al Real Madrid per la cifra record di circa 100 milioni di euro, o 130 milioni di dollari. Il suo valore d’uso, senza tenere conto dell’inflazione, è quindi calcolato in oltre venti volte quelle dell’uomo bionico. Eppure, il calciatore più pagato della storia, al di là dei giudizi tecnici, non è certo un uomo bionico. Anzi, fino a poco tempo fa si diceva portasse sfortuna, e anche molti insospettabili lo consideravano un flop.

Da ragazzino Bale cresce nel Southampton, cantera di Le Tissier e Walcott, e a 16 anni esordisce in prima squadra. Un predestinato, sicuramente, ma nonostante il fiuto del gol è pur sempre un terzino sinistro. L’anno dopo (è il 2007) infatti il ragazzo passa al Tottenham per 7 milioni di sterline circa, l’acquisto meno oneroso della stagione per gli Spurs. Qui comincia l’incubo. Il primo anno la partenza è terribile, il tecnico Jol viene cacciato e sostituito da Ramos, e mentre Bale si infortuna e resta fuori fino alla fine della stagione, la squadra si riprende. L’anno dopo uguale. Con Ramos in panchina e Bale in campo la squadra fa schifo, l’allenatore salta per fare posto a Redknapp e Bale finisce in panchina per il resto del campionato. Il Tottenham si riprende, comincia a volare e arriva in finale di League Cup. E’ ufficiale: Gareth Bale porta sfiga.

Lo pensano i tifosi del Tottenham, quelli avversari che lo prendono in giro, i giornalisti che giocano sui titoli a effetto con le sue disgrazie, e probabilmente anche i compagni e i dirigenti degli Spurs. Un solo uomo sembra credere in lui, il tecnico Redknapp, che decide di spostarlo quaranta metri più avanti e di fargli fare l’ala sinistra. Quando all’inizio della stagione 2009-10 Gareth Bale torna in campo, dopo un’operazione al ginocchio che gli fa saltare il precampionato, è la 24sima partita consecutiva che gioca con il Tottenham senza vincere: numeri da iettatore, non da campione. Ma Redknapp ci crede, il ragazzo si libera dei fantasmi e trascina gli Spurs al quarto posto che valgono la qualificazione in Champions.

In estate l’ad milanista Galliani, dopo che l’anno prima aveva rifiutato la proposta del suo procuratore e aveva preferito Jankulovsky per la fascia sinistra del Milan, torna all’attacco. Il Tottenham però per venderlo vuole almeno 10 milioni di sterline, per rientrare dalle spese e investire sul mercato, e Galliani desiste: nell’estate del 2010 per il Milan il gallese Bale non vale nemmeno 13 milioni di euro. Il resto è storia recente, i tre gol in Champions League a San Siro contro l’Inter e la conferma come uno dei migliori esterni sinistri d’Europa. Bale abbandona il numero 3 di maglia e passa all’11, e con l’arrivo di Villas Boas ogni tanto gioca anche a destra, da seconda punta o centravanti: vincendo due anni su tre il premio di miglior giocatore della Premier. Fino a entrare nel libro dei record del mercato. Proprio lui, lo stesso che fino a qualche anno fa portava sfiga, lo stesso per cui tre anni fa il Milan rifiutò di pagare 13 milioni di euro.

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