Se si tiene presente il precedente lo schema è abbastanza chiaro: a fine 2011 Giorgio Napolitano nominò Mario Monti senatore a vita e diede il via alla stagione nella quale ancora viviamo, quella delle larghe intese per garantire ai nostri creditori europei che i loro soldi torneranno indietro. Ieri il capo dello Stato ha nominato quattro nuovi senatori a vita dando avvio ad una sorta di ritorno alla normalità attraverso la sterilizzazione del potere di ricatto di Silvio Berlusconi. La manovra è così ben congegnata che ha provocato reazioni dure persino in chi di solito adotta un vocabolario meno aggressivo: “Napolitano da due anni gioca un ruolo politico, non è più il garante della Carta”, ha detto il comunista Paolo Ferrero. Questi nuovi quattro voti anti-B. a palazzo Madama sono, infatti, tanto un segnale al ceto politico che un cambiamento fattuale nelle dinamiche parlamentari. Ecco perché.

I NUMERI – Il nuovo Senato disegnato dal Quirinale è un luogo in cui all’ex Cavaliere sarà assai più difficile minacciare le elezioni anticipate. Sarà per questo che ieri Napolitano ha descritto così il suo stato d’animo: “Mi sento alleggerito, come sempre quando si compie un adempimento” . Da oggi, immaginare un Letta bis senza Pdl, che magari si occupi di fare la finanziaria e la nuova legge elettorale per poi portare il Paese alle elezioni, è assai meno difficile. La situazione è questa: il nuovo plenum conta 321 senatori, dunque la maggioranza è a quota 161. Raggiungerla senza Berlusconi, per un governo di scopo, non è così complicato.

I favorevoli: il Pd conta 108 voti; Scelta civica altri 20; il gruppo Misto (costituto da Sel e dagli esuli grillini) è costituito da 11 senatori di diritto più Carlo Azeglio Ciampi; il raggruppamento delle Autonomie (socialisti, sudtirolesi, valdostani e qualche eletto all’estero) ha dieci eletti; i nuovi senatori a vita sono quattro. Già così siamo a 154 voti teorici, solo sette dal numero magico. E qui la vicenda si fa più scivolosa, ma non meno ponderata dagli interessati.

LA SLAVINA – La decisione del capo dello Stato rassicura gli eventuali “responsabili” di Enrico Letta: l’obiettivo è a portata di mano. Nel mirino, per esplicita o “ufficiosa” ammissione dei suoi membri, è il gruppo Grandi autonomie e Libertà (Gal): ha dieci senatori, tra cui Giulio Tremonti, e almeno una metà vengono considerati tra i possibili sostenitori di un Letta bis senza Silvio (servirebbero, però, un paio di sottosegretariati “di scopo”). Paolo Naccarato, iscritto al gruppo Gal, “cossighiano” eletto in entrambi gli schieramenti nella Seconda Repubblica, lo ha già detto esplicitamente: “Se Berlusconi provocasse la crisi di governo, io penso che al Senato verrà fuori una maggioranza silenziosa. E che il Cavaliere, in questo caso, si troverebbe ad avere a che fare con molte sorprese e moltissime delusioni”. Gianfranco Micciché, che di Gal è il padrino politico, s’è subito preoccupato: “C’è in atto una compravendita”.

Anche il gruppo del Pdl, paradossalmente, è uno di quelli da cui potrebbe arrivare il soccorso rosso. Renato Schifani ha già avvertito Berlusconi: “Non abbiamo un gruppo compatto come quello del 2006. Se andiamo alla rottura e non c’è la sicurezza delle elezioni, il gruppo chi lo tiene?”. Tra gli indiziati, i nomi di un’altra stagione: gli ex Idv Domenico Scilipoti (“il dialogo è il sale della democrazia e la fedeltà è una cosa da cani”, ha detto di recente) e Antonio Razzi. Ma non solo: pende verso il nipote di Gianni Letta anche una bella quota dei siciliani. “Almeno la metà dei senatori, soprattutto del Sud, sono contrari alla crisi”, ha scolpito Salvatore Torrisi prima di ribadire la sua fedeltà a Berlusconi. Oltre al suo si fanno i nomi di Francesco Scoma (“un governo si farà lo stesso, anche senza il Pdl, e voglio vedere come se la caveranno i falchi”), peraltro indagato, dei tre Giuseppe – Castiglione , Pagano e Ruvolo – di Luigi Compagna e pure di Riccardo Villari, esule Pd.

PSICOSI GRILLINA – Anche nel Movimento 5 Stelle già hanno cominciato a litigare sull’eventuale Letta bis. Beppe Grillo ha già dato la linea: voto col Porcellum. Il capo della comunicazione in Senato, Claudio Messora, l’ha ribadita con pubblica presa di posizione: “Nessuno giochi al piccolo onorevole. Niente accordi”. Tutto a posto? Mica tanto, visto che più di qualcuno non ha gradito. Francesco Campanella, per dire: “Lo spirito rivoluzionario ha mille sfumature. Per esempio il responsabile comunicazione di un gruppo parlamentare che indica la linea ai parlamentari, per portarsi avanti col lavoro”. Ieri la pasdaran Laura Bottici ha mandato via Facebook un “vaffan…” a chiunque osi aprire ad un Letta bis, segno che qualcuno ci sta pensando. Esiste pure un’apposita lista dei “tradendi”: oltre a Campanella, vi compaiono Lorenzo Battista, Alessandra Bencini, Elena Fattori, Francesco Molinari, Maria Mussini, Luis Orellana, Fabrizio Bocchino e altri. Bravo Enrico, bis.

Da Il Fatto Quotidiano del 31 agosto 2013

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