Non riesce a liberarsi dalla zavorra sui costi la corsa di Ravenna a capitale europea della cultura nel 2019. Il tempo stringe: entro il 20 settembre vanno presentati i dossier di pre-selezione, la commissione mista incaricata (sette componenti Ue, che la presiede, e sei componenti del governo italiano) dovrà indicare le cinque città pretendenti che si giocheranno tra 2014 e 2015 il titolo vero e proprio. Che vale un milione e mezzo di euro, oltre che essere un’attrazione per turisti e- si spera- investitori privati.

Lo staff ravennate continua a lavorare e a crederci, con un po’ più di fiducia dopo le indecisioni di Venezia, che prima aveva annunciato il ritiro e poi l’ha smentito, ma a quanto pare non gode di buona stampa. “L’amministrazione locale”, ha scritto Leonardo Coen su Il Venerdì di Repubblica, “a speso sinora novecentomila euro, ma ha raccolto polemiche per le iniziative ‘troppo provinciali’ e per il fatto che non rientra nelle diciotto città italiane più visitate dai turisti”.

Il comitato di “Ravenna 2019” ha replicato subito che non si tratta di una stroncatura, la quale richiederebbe di essere “bene informati” e “non limitarsi a raccogliere brandelli di notizie dalla rete”. Posto poi che il passaggio sul presunto provincialismo deriverebbe solo dalla “citazione di una libera opinione di un consigliere comunale di opposizione”, il coordinatore Alberto Cassani ha ribadito che “le nostre carte sono soprattutto quelle dell’ampia partecipazione” e che la candidatura di Ravenna “è considerata dagli addetti ai lavori tra quelle più autorevoli” per il lavoro svolto finora.

Sui costi, in particolare, Cassani ha fatto sapere che i 900 mila euro sono l’importo che è servito per “quasi tre anni di lavoro” ed “è di molto inferiore” alla spesa delle concorrenti. Il coordinatore in questi mesi non si è mai stancato di ribadire che, comunque vada la gara per la candidatura, l’attuale lavoro sugli “stati generali” della cultura in Romagna non si era mai visto prima e darà i suoi frutti. La nostra politica- è il refrain del comitato promotore- è quella della sobrietà: non abbiamo costituito una Fondazione ad hoc ma lavoriamo con le risorse del Comune, altre città candidate hanno ingaggiato super manager (il riferimento era a Bergamo e alla sua consulente Federica Olivares, già al lavoro col Comune di Milano per l’Expo 2015) mentre noi abbiamo scritto il dossier con le associazioni, nessun altro concorrente vanta così tanti eventi organizzati sul territorio come noi.

Avanti così, minimizzano dunque dalla città dei mosaici, ma è un fatto ormai che la strategia del “fatto in casa” stia rischiando di rivelarsi un boomerang, almeno in termini di immagine. Le critiche al respiro delle iniziative di Ravenna 2019 non si levano oggi. Chi nel progetto sembra crederci poco è il fronte delle associazioni di categoria, che a inizio estate aveva scucito appena 17 mila euro. Dalle casse pubbliche, invece, sono usciti molti più soldi: i ricavi si aggirano sui 330mila euro, il disavanzo sulle casse del Comune supera i 140 mila.

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