Se il lavoro di cronista in Italia è duro per tutti, figuriamoci per un ragazzo portatore di handicap. Maurizio ha 34 anni, è di Pescina, un paesino in provincia de L’Aquila, ed è non vedente dalla nascita. Ha fatto la scuola di giornalismo di Urbino ed è professionista dal novembre 2008. In Italia ha provato ad esercitare il mestiere che ama, il giornalismo, ma non ha avuto fortuna. Troppi gli ostacoli, i problemi, le difficoltà di un sistema che ancora non vuole accettare che non è nient’altro che un “diversamente abile”. Maurizio adesso vive a Bruxelles dove lavora come freelance e collabora con realtà internazionali di prestigio come l’inglese Bbc.

Il nome è tutto un programma: Maurizio Molinari, come il corrispondente de La Stampa da New York. Anche il luogo di nascita è significativo, Pescina, il paesino abruzzese che ha dato i natali allo scrittore Ignazio Silone. Maurizio studia interpretazione all’Università di Forlì ma scopre presto la sua vera passione, ed è qui che iniziano i guai. Fa domanda di ammissione presso una delle più importanti scuole di giornalismo in Italia, ma si vede negare l’accesso al test d’ingresso per il suo handicap, a priori. Per questo scrive una lettera indignata alla scuola che scatena le scuse da parte della direzione e la concessione di ammissione al test. Ma Maurizio non vuole fare strada a gomitate, quindi si iscrive e frequenta con successo la scuola di giornalismo di Urbino. Fa il praticantato propedeutico all’esame per diventare giornalista professionista all’Agi e a Radio Rai

“Mi sono trovato a montare dei servizi al posto di persone assunte che, pur vedenti, non erano capaci di farlo”, racconta con un pizzico di ironia. “Ho dimostrato nei fatti di poter fare il mio lavoro, pur essendo conscio dei miei limiti. Il mio sogno era fare il telecronista sportivo, non lo posso fare per motivi pratici, ma non vuol dire che non posso fare altro – spiega – Avrei preferito trovarmi di fronte a persone che mi dicessero, ‘bene vediamo insieme quello che puoi fare e quello che non puoi fare’, ma senza pregiudizi di sorta. Certo che se ogni volta mi fanno un contratto di una settimana non ho nemmeno il tempo di ambientarmi nella nuova realtà e prenderne le misure”. A Maurizio la Rai non dispiaceva, tant’è che, di fronte alle porte chiuse e appellandosi alla legge sul collocamento obbligatorio delle persone disabili, si è rivolto speranzoso all’Usigrai (sindacato dei giornalisti della Rai). Secca e sconcertante la risposta: “La Rai rispetta le quote di collocamento obbligatorie delle persone disabili indipendentemente delle figure professioniste”. Insomma, come dire che i portatori di handicap sono stati messi a fare altro. Quanto basta per farsi una regione che in Italia, tranne qualche collaborazione saltuaria, non c’è proprio spazio.

Nel 2008 arriva a Bruxelles per uno stage all’Ansa. Lui avrebbe preferito andare a Pechino, per le Olimpiadi e la sua passione per il giornalismo sportivo, ma ecco le solite difficoltà: “Pechino è lontana, da Bruxelles è più facile tornare a casa”. Insomma, Bruxelles sia. Una scelta tutto sommato azzeccata perché proprio nella capitale d’Europa Maurizio inizia la sua vera carriera giornalistica. Inizia a lavorare nella comunicazione di alcune Ong internazionali come Equinet Eurochild e Transport and Environment, scrive per Equal Times e con l’Italia mantiene una vecchia collaborazione, quella con il Redattore Sociale. Ma la vera svolta arriva dopo un paio d’anni. “Vista la magra situazione italiana, ad un certo punto ho deciso di aprirmi alla realtà inglese. Mi sono iscritto a un master part time intitolato Post graduate certificate in radio and on line journalism a Liverpool. Le lezioni erano ogni martedì, quindi per due anni ho preso il treno il lunedì sera, mi sono fatto dalle 5 alle 8 ore di viaggio per poi tornare a Bruxelles a lavorare il mercoledì mattina”.

Durante il master Maurizio ha l’occasione di mettere un piede alla Bbc. “Da allora ho iniziato una collaborazione continua con la radio dell’emittente inglese dove ho incontrato decine di giornalisti non vedenti. In tutta Italia invece conosco una sola persona non vedente che fa questo lavoro, oltre al sottoscritto”, racconta. Alla Bbc la vita per un giornalista non vedente è davvero diversa. “Qui non solo si riesce a lavorare ma un cronista nelle mie condizioni non si deve occupare solo di disabilità. Ad esempio, conosco personalmente un reporter sportivo e un importante analista politico. Anzi, i miei colleghi britannici si lamentano addirittura che alla Bbc c’è solo il 3 percento di disabili impiegati”. Le differenze con le realtà italiane pesano. “Quando stavo in Rai dovevo portare al lavoro il mio computer, alla Bbc anche per una formazione di due giorni mi hanno messo a disposizione un computer con screen reader, programma di lettura dello schermo fatto apposta per i non vedenti – spiega Maurizio – Sempre a Londra, all’inizio mi hanno messo a disposizione per una settimana un assistente personale per farmi familiarizzare con l’ambiente di lavoro. Poi ovviamente ho iniziato a muovermi in totale autonomia”.

Cosa fa davvero la differenza? Maurizio non ha dubbi: “Le leggi e il farle rispettare. In Inghilterra se discrimini un dipendente perché disabile, o per qualsiasi altro motivo, l’azienda rischia serie punizioni e una pessima immagine di fronte all’opinione pubblica. In Italia magari leggi simili ci sono, ma vengono puntualmente disattese”. Le cose per Maurizio iniziano ad andare davvero bene, tanto che può addirittura rinunciare ad un contratto indeterminato e ben retribuito nel settore della comunicazione per lavorare come freelance. E il futuro promette bene. “La Bbc mi offre delle possibilità che in Italia non avrei mai avuto e forse un giorno potrò anche fare televisione”.

Oggi Maurizio si occupa soprattutto di tematiche sociali e cooperazione e sviluppo. Alla Bbc  cura un programma radiofonico dove racconta storie di persone che si sono distinte per i propri meriti. Ha lavorato anche per un programma di diritti dei consumatori e uno sullo sport, per il quale ha realizzato un’intervista in esclusiva ad Antonio Conte, dopo l’ultimo scudetto della Juventus. Quest’estate la passerà in parte in Russia per studiarne la lingua. E l’Italia? “Al momento non ci penso nemmeno a tornare. Non vedo possibilità di fare il mestiere che amo. Ho cercato di trovare spazio ma non c’è stato verso. L’Italia resta un paese con una buona qualità di vita. Però se devo tornare a meno di mille euro e a fare un lavoro che non mi soddisfa, meglio restare all’estero”. E il futuro? “Mi vedo in Inghilterra, mi auguro sempre con la Bbc. Tornerei in Italia solo a condizione di poter essere valutato per quello che faccio e non per altro”.

@AlessioPisano

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