A Gibilterra un pacchetto di Camel costa 2,10 euro, in un tabacchino spagnolo più del doppio (4,45 Euro). È il sistema impositivo “light” adottato da Gibilterra a fare la differenza, ed è questo uno dei punti di attrito che sta spingendo la Spagna e il Regno Unito verso una delle crisi diplomatiche più aspre degli ultimi decenni.

In un anno sulla piccola rocca che si estende per 6 chilometri quadrati transitano 146 milioni di pacchetti di sigarette, dei quali solo il sette per cento ad uso dei 24 mila abitanti del “Peñon”, come lo chiamano gli spagnoli, il resto alimenta i fiorenti traffici del contrabbando. Vari i metodi impiegati per movimentare illecitamente le stecche di sigarette, si passa dal classico doppio fondo di camion e autovetture agli agili gommoni che eludono i controlli delle vedette della Guardia Civil con rapidi spostamenti radenti la costa.

Ogni volta che la Spagna prova a stringere i controlli sui traffici di tabacco le file lungo la Línea – il presidio di frontiera – diventano chilometriche, con disagi per residenti e transfrontalieri, e con inevitabili fibrillazioni diplomatiche. Non è solo questione di tabacco. La Spagna vorrebbe vedere limitate le transazioni finanziarie che fanno di Gibilterra un’oasi dell’offshore all’interno della penisola.

Uno specifico dipartimento è stato istituito da “Hacienda”, l’agenzia tributaria iberica, per contrastare il dilagante fenomeno del riciclaggio, i risultati tuttavia sono magri nonostante ventisei accordi con l’Unione europea impongano scambi costanti di dati fiscali.

Le acque di Gibilterra sono agitate quanto i movimenti sulla terraferma. Un progetto urbanistico a Cape Vantage prevede la costruzione di un porto con 500 approdi, un hotel e 2500 residenze. Cemento che dovrebbe garantire l’espansione territoriale di “un’oasi” che ha bisogno di nuovi spazi. Il complesso immobiliare, finora sviluppato solo sulla carta, è osteggiato da Madrid che ha già presentato, per via diplomatica, le proprie rimostranze a Downing Street 10.

I socialisti spagnoli, intanto, vorrebbero trasferire la questione in sede comunitaria per vedere lì applicata la dottrina elaborata dall’Onu in tema di decolonizzazione del “Peñon”. Il PSOE invoca la risoluzione numero 2353 con la quale le Nazioni Unite, riconoscendo il diritto «all’integrità territoriale» della Spagna, già nell’ottobre del 1969 invitavano il Regno Unito a porre fine alla vicenda coloniale di Gibilterra.

Le dottrine, come le leggi, possono essere interpretate. Per cui principi contrari alle antiche pratiche di espansione vanno richiamati se favorevoli, dimenticati o ignorati se sono altri a richiedere la riconsegna di territori coloniali. Così allorquando, nel luglio 2002, il Marocco rivendicò la sovranità dell’isolotto di Perejil, uno scoglio disabitato situato nello stretto di Gibilterra a soli 200 metri dalla costa africana, la Spagna del premier Aznar intervenne in armi per difendere l’antico possedimento coloniale. Operazione che, secondo il giornale spagnolo ABC, non valeva nemmeno il carburante usato per muovere le pale degli elicotteri che trasportavano le truppe. Altra epoca, altra dottrina.

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