Benvenuti nella storia di Antonia (Hacca, 2013, 345 pp., 14 euro). Ed è proprio il termine “storia” quello che vi avvilupperà dentro e fuori. Perché questo è uno dei non moltissimi romanzi di autrici italiane che può competere con la tecnica dei grandi autori latino-americani, maestri nel genere della saga familiare. Mirella Ioly, scrittrice romana esordiente che ha atteso troppo per pubblicare il suo primo lavoro, offre una scrittura matura e consapevole, da donna di ottime letture ma anche di profonda conoscenza delle differenti tecniche narrative in prima persona. Si sente che dietro queste pagine c’è non solo la mano di una vorace lettrice di romanzi e di saggi di psicologia, ma anche la mente di una persona abituata a insegnare lingua e letteratura nelle scuole e nelle università di più paesi.

La vita di Antonia Luco e della sua famiglia ha a che fare con il natio Cile, dal quale la protagonista si allontana poco prima dell’11 settembre meno noto ai libri di Storia contemporanea: l’11 settembre 1973, quando il generale Pinochet assediò il Parlamento e prese il potere con la forza, costringendo il presidente democraticamente eletto, Salvador Allende, a una suicida resistenza armata.

E’ soprattutto qui, nelle pagine che ricordano il Cile degli anni Settanta e Ottanta, che la Storia si intreccia con le storie della famiglia Luco e con le loro diverse necessità di fuga o di radicamento, al punto da dare un’ombreggiatura da romanzo storico a questa già godibilissima saga familiare.

Dal Cile, e in particolare dal piccolo porto di Coquimbo, Antonia fugge poco prima di quell’11 settembre alla ricerca di un luogo altro: l’Italia. Ma quello che doveva essere un viaggio di studio e crescita diventa invece lo sradicamento irreversibile dalla heimat, prima appunto in Italia, poi in Canada.

Lo sradicamento di una donna dalla sua famiglia, dai suoi odori, dalle sue tradizioni, dalla sua lingua. Così, dietro di sè Antonia lascia proprio tutto, a cominciare dal resto dei Luco: Ricardo, un marito pittore, edonista e playboy, dal carattere infantile e capriccioso, che Antonia dovrà degradare dalla sua vita; Manuela, figlia unica e insoddisfatta, che reagisce compiendo grandi scelte sbagliate, sposando fra l’altro un misterioso azzeccagarbugli che la mette incinta e rifiuta di riconoscere la bambina che nascerà; Enriqua, madre appena tratteggiata, cattolica e generosa, che vive e consuma la sua vita nel doppio lavoro (a casa e in un ristorante) e nel sacrificio verso tutti gli altri membri della dinastia, zie di Antonia comprese; José Antonio, padre sfuggente e donnaiolo, cronicamente non in grado di assumersi responsabilità, il tipo di uomo che a un qualunque lavoro per mantenere i suoi congiunti preferisce l’illusione di una eterna caccia al tesoro del capitano Francis Drake; José Manuel, fratello di Antonia, che trova una sua dimensione in Australia, dimenticandosi del resto dei parenti; Carlo, fratello e attivista socialista, unica figura di uomo decente di questa estesa casata cilena, naturalmente matriarcale e naturalmente piena di mezziuomini e di quaqqaraqquà, più che di uomini.

Tutti questi abbandoni e sradicamenti costringono la protagonista a frequenti assenze dai momenti topici di una famiglia, funerali e nascite compresi, e la spingono sul lettino di uno psicanalista, Ray, le cui sedute funzionano da convincente contrappunto narrativo, in un’Ottawa raccontata attraverso la sua ruvida natura e le varie gradazioni del bianco dei suoi freddissimi inverni.

Cile, Italia, Canada: è il personale triangolo delle Bermuda della nostra protagonista e al centro di tutto c’è solo lei, i suoi dubbi, i suoi amori, le sue delusioni, il suo giudizio, il suo bisogno di auto-analizzarsi e di trovare una propria bussola. Cile, Italia, Canada: è allo stesso tempo il sud e il nord del mondo a essere raccontato e ricordato tramite lo sguardo della sola eroina, che fuggendo e viaggiando, sradicandosi e ri-radicandosi, accede a un cosmopolitismo dell’anima e delle sensazioni, colleziona un discreto numero di avventure e storie sentimentali con ominicchi via via diversi, in una sorta di gioco di specchi e ombre. Ominicchi che, forse con l’eccezione di George, quasi mai sono in grado di raggiungere il cuore di Antonia, cuore di donna ormai matura e dopotutto già fin troppo convinta della naturale, ovvia inferiorità del sesso maschile.

Lettura consigliatissima, e non solo sotto l’ombrellone. Nota a parte merita la casa editrice Hacca di Matelica (MC) che ancora una volta convince con la scoperta di un’autrice di solido talento (era già capitato con Cristiana Alicata e il suo Verrai a trovarmi d’inverno) corredandola da un prodotto libro gradevole in tutto, a cominciare dalla copertina, opera di Maurizio Ceccato.

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