“La cosiddetta crisi dell’euro sta distruggendo l’Europa. Ma a ben guardare, l’aspetto forse più preoccupante è dato dal fatto che la crisi ha sovvertito le basi stesse della democrazia europea, bypassando i parlamenti, i governi e le stesse istituzioni europee. Il multilateralismo è diventato unilateralismo, l’uguaglianza è diventata egemonia, la sovranità è diventata dipendenza. Questa catastrofe europea ha già cambiato drasticamente l’equilibrio dei poteri europei. Così è nata un’Europa tedesca. La Germania non ha cercato direttamente questa leadership, le è stata praticamente affidata. E con la crisi dell’euro, la cancelliera Angela Merkel è diventata l’informale Regina d’Europa”.

Si tratta di parte dell’abstract dell’interessantissimo libro “German Europe” del sociologo di fama mondiale (e di origini tedesche) Ulrich Beck, cento pagine di lucida analisi della situazione attuale dell’Europa al suo quinto anno di crisi. Lungi dall’essere uno scritto euroscettico e qualunquista, il testo di Beck (tra le lettura obbligatorie per capire meglio la crisi dell’euro) cerca di spiegare come siamo arrivati al punto in cui un paese, la Germania, è in grado di dettare quasi in modo incontrastato la rotta della risposta europea alla crisi, misure di austerity comprese.

L’austerità è figlia della cultura tedesca (e nord europea in generale) e non dell’Unione europea. Sia pur se concordate a Bruxelles, le misure di austerità imposte ai paesi in difficoltà in cambio di aiuti internazionali, come Grecia, Portogallo e Irlanda, sono state ordinate in primis dalla Germania e appoggiate con favore dai falchi d’Europa come Finlandia e Paesi Bassi. Beck evidenzia come in un sistema comunitario incompleto (ovvero dove i governi dei paesi membri hanno ancora un forte controllo sull’Ue) la volontà dei paesi più forti economicamente diventano veri e propri diktat. “La nuova grammatica di potere riflette la differenza tra paesi creditori e paesi debitori. Non è una logica militare ma prettamente economica. La sua base ideologica è l’euro-nazionalismo tedesco. In questo modo il modello tedesco di stabilità è stato esteso a tutta Europa”. 

Beck evidenzia in questo modo una sensazione che a Bruxelles si ha spesso: la Germania non cerca l’egemonia europea ma crede di dover indicare la rotta a quei paesi che reputa “meno efficienti”. Dall’alto della sua potenza economica (e con un pizzico di presunzione), Berlino sta cercando di obbligare i paesi del Sud a mettersi al passo con il resto d’Europa, e lo fa a modo suo. Da qui l’infelice espressione di Angela Merkel, rivolta anche all’Italia, “fare i compiti a casa”. Questa miopia politica (alla luce dei non risultati raggiunti) insieme a una scarsa sensibilità dimostrata dal governo tedesco per i patimenti dei cittadini degli altri paesi e alla difesa a spada tratta degli interessi del contribuente tedesco, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione economica dei paesi in difficoltà ed esacerbare gli animi dei cittadini del Sud.

Il vero problema è che l’incompletezza dell’architettura europea, con un potere troppo sbilanciato a favore del Consiglio europeo (insieme dei capi di Stato e di Governo), un Parlamento europeo (eletto direttamente dai cittadini) relegato nell’angolo e l’oblio in cui sono caduti alcuni valori alla base del progetto europeo (come la solidarietà), permette ai paesi più forti, come la Germania, di dettare legge.

La soluzione? Beck non ha dubbi: “Tutto sarebbe molto più semplice se le persone, i gruppi d’interesse e i politici abbandonassero la nozione antiquata di sovranità nazionale e capissero che la vera sovranità può essere riconquistata solo a livello europeo”. Peccato che quelle forze che giustamente accusano lo status quo europeo e rivendicano maggiori diritti e potere per i cittadini europei ricadano spesso in uno sterile e inutile romanticismo nazionale. “Bisogna combattere non per avere meno Europa ma per ottenere una unione politica legittimata dal basso e fondata su valori democratici, perché solo questa è la soluzione all’attuale crisi”. 

Nota: virgolettati sono citazioni tradotte dal libro “German Europe” di  Ulrich Beck

@AlessioPisano

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