Viviamo in una società altamente ambigua, dove la delinquenza viene molte volte trattata con rispetto dagli abitanti delle istituzioni più difensive dei valori morali e sociali, come la giustizia, la libertà e la democrazia. Spesso, dentro ‘l’abito di un monaco’, si nasconde un lupo feroce. E così abbiamo la pedofilia nella Chiesa, l’immoralità nel Parlamento, la corruzione e la violenza nelle forze dell’ordine e l’affarismo negli ospedali.

Se queste istituzioni ‘sacre’ sono abitate anche parzialmente da gentaglia, è logico che la loro predica è falsa. Si forma così un ‘ponte morale’ tra questi uomini delle istituzioni e la delinquenza organizzata, che fa passare la vanità e la competenza corrotta in nome di una democrazia con ampia partecipazione di criminali camuffati da semplici ignoranti. E’ così che le reti delinquenziali ‘pescano’ gli ingenui. Sui gradini di una chiesa, in un luogo di confessione e in altri ambienti teoricamente protetti. Non esistono più posti sicuri.

Le istituzioni sono simboli che oggi come oggi vengono traditi. E allora bisogna puntare sulle singole persone che agiscono concretamente in quei simboli. E ci vuole anche fortuna. C’è l’inganno del lupo. Invece di trovartelo nel bosco, te lo trovi travestito da amico ovunque. E purtroppo si è cristallizzato, nell’animo della stragrande maggioranza di persone, un compromesso d’affare in virtù del quale la delinquenza diventa un valore perché riesce a fare presto, quasi prodigiosamente, quello che l’onestà può fare solo per merito.

Ecco, la criminalità porta ad un’uguaglianza di titoli accademici e onorifici, abbattendo la meritocrazia. Sotto le false spoglie di una libertà, che nel frattempo è diventata anarchia, l’individualismo viene soffocato a favore di un collettivismo che puzza di totalitarismo e imbarbarimento. E le minoranze, costituite da persone ancora sensibili, vivono con un’ansia inaudita. Il famoso proverbio che dice ” il mondo è bello perché è vario”, sta perdendo il suo senso. Infatti il mondo sta diventando uguale. Tristemente, maledettamente uguale!

Roberto Calò

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