Wanna Marchi querela il giudice di Cassazione Antonio Esposito, già al centro delle polemiche per l’intervista rilasciata al Mattino di Napoli dopo la sentenza di condanna – da lui pronunciata – nei confronti di Silvio Berlusconi. L’ex tele imbonitrice e la figlia Stefania Nobili, condannate rispettivamente a 9 anni e 6 mesi di reclusione in via definitiva, hanno dato mandato al loro avvocato Liborio Cataliotti di inoltrare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro la sentenza per associazione a delinquere e truffe. “Dai due articoli pubblicati su Il Giornale a firma Stefano Lorenzetto nei giorni scorsi – spiega il legale – è emerso infatti che, pochi giorni prima di tale verdetto e dunque della discussione del processo davanti alla Corte di Cassazione, l’esito sarebbe stato anticipato dal presidente della Sezione di Cassazione Giudicante. Il giornalista ha anche precisato che il giudice Esposito avrebbe fatto affermazioni relative all’imputata Wanna Marchi che, stando alle parole del giornalista, gli sarebbe stata ‘antipatica’ per usare un eufemismo”. Questa circostanza è stata peraltro smentita dallo stesso Esposito.

“E’ del tutto evidente – rileva Cataliotti – che l’anticipazione di un giudizio da parte di uno dei componenti del collegio giudicante e l’espressione di sentimenti di ‘antipatia’ nei confronti di un imputato – vieppiù in un giudizio per Cassazione, laddove dovrebbe essere giudicato il rispetto delle leggi da parte delle decisioni pronunciate nei due precedenti gradi di giudizio e non la personalità dell’imputato – ingenera seri dubbi sulla regolarità del giudizio”. Il legale intende “precisare che l’iniziativa di Wanna Marchi e Stefania Nobile non è dettata dalla volontà di negare le proprie responsabilità penali: del resto gli assistenti sociali che le hanno seguite nel proprio percorso di reinserimento sociale hanno già ampiamente riscontrato la loro piena presa di coscienza di quanto commesso. Nemmeno puntano ad ottenere una scarcerazione, che hanno conquistato da gran tempo, la signora Marchi attraverso un percorso di reinserimento sociale che è passato attraverso il lavoro esterno prima e la sospensione dell’esecuzione poi, la figlia Nobile attraverso una detenzione domiciliare concessa per ragioni di malattia”.

 Cataliotti prosegue entrando nel merito della sentenza: “Essa è stata letteralmente smantellata già da un ulteriore ricorso per Cassazione presentato dal sottoscritto, discusso davanti ad altra Sezione della Suprema Corte nel 2011, che ha dimezzato le pene che erano state inflitte per associazione a delinquere e truffe quel 4.3.09: dunque le mie clienti non mirano ad alcuno sconto di pena. Le mie assistite intendono solo veder riconosciuto che quel giudizio è stato irregolare, per una questione di principio”. 

 

Articolo Precedente

Riforma della giustizia, la nuova Leva

next
Articolo Successivo

Mafia, le ‘larghe pretese’ del rito abbreviato

next