Voleva “cambiare il mondo attraverso l’arte”, come ha detto la sorella. E’ finito ammazzato dalla polizia di Miami Beach per aver disegnato un graffito sul muro di un edificio abbandonato. Israel Hernandez, 18 anni, skater e graffitaro, è morto dopo essere stato colpito al petto da un taser usato dagli agenti. La polizia ha fatto le condoglianze alla famiglia e aperto un’inchiesta. I genitori e la sorella del ragazzo chiedono che un’indagine indipendente verifichi quanto successo.

Hernandez stava disegnando un graffito sul muro di un fast-food abbandonato di Miami Beach. Erano le cinque del mattino di martedì 6 agosto. Con lui, a controllare che non arrivasse la polizia, c’erano due amici. Una pattuglia della polizia è arrivata sul posto e ha notato Israel. Il ragazzo ha tentato la fuga, inseguito da almeno sei agenti. Quanto successo da questo punto in poi rimane poco chiaro. Israel sarebbe stato catturato e sbattuto contro un muro. Per vincere le sue resistenze, sarebbe stato colpito da una scarica di taser al petto. Dopo poco, il ragazzo ha cominciato ad accusare difficoltà respiratorie. Condotto d’urgenza al Mount Sinai Medical Center, è stato dichiarato morto. Particolarmente scioccanti sono state le rivelazioni dei due amici testimoni della tragedia. Secondo uno di loro, “gli agenti ridevano e si congratulavano tra loro per il lavoro fatto, mentre Israele era a terra”.

Dopo Trayvon Martin, ucciso da una guardia volontaria in un quartiere cintato, la Florida ha dunque un altro teenager ammazzato in circostanze poco chiare. Israel, raccontano famiglia e amici, era un ragazzo particolarmente attivo, pieno di interessi e creatività. Le sue opere erano già state mostrate in diverse gallerie di Miami Beach. Una sua linea di skateboard era sul mercato locale. Per mantenersi, Hernandez, che era originario della Colombia ma viveva da anni a Miami, lavorava in un’agenzia di modelle. Aiutava a trovare le location per le riprese e collaborava alla produzione. “Era uno spirito speciale, creativo. Un ragazzo rispettosissimo, non sarebbe mai finito in una gang, non avrebbe nemmeno saputo cosa fare con un coltello o una pistola”, ha detto la responsabile dell’agenzia per cui Israel lavorava. Si aspetta a questo punto il risultato dell’autopsia, anche se si sospetta che Hernandez abbia avuto un arresto cardiaco in seguito alla scossa elettrica. L’evento non è peraltro infrequente. Uno studio preparato dalla rivista “Circulation”, nel 2012, rivela almeno otto casi in cui il TaserX26 ha provocato pericolose aritmie cardiache. In sette casi su otto, l’esito è stato mortale. “Non si tratta di un’ipotesi, si tratta ormai di un dato scientifico – ha spiegato Byron Lee, cardiologo della University of California, San Francisco -. Il dibattito a questo punto dovrebbe focalizzarsi sul un altro fatto: se il numero di morti per il taser rende consigliabile il suo uso”.

La pistola elettrica, che viene utilizzata da almeno 17mila agenti di 107 Paesi, viene descritta dalla sua casa produttrice, la “Taser International”, come un’arma non letale in grado di “salvare le vite” di migliaia di persone, agenti di polizia ma anche presunti ricercati. Sparando nel corpo della persona oggetto dell’inseguimento una potente scarica elettrica, il taser inibisce il sistema muscolare e impedisce qualsiasi forma di reazione o fuga. “Taser International”, creata da Rick Smith nel 1993 per commercializzare la pistola elettrica inventata da uno scienziato della Nasa vent’anni prima, è stata più volte negli ultimi anni oggetto di critiche e polemiche. Proprio Rick Smith, il Ceo della compagnia, in un’intervista del 2011 a “Fortune”, se la prese con la stampa che avrebbe “enfatizzato i casi di morte violenta” seguiti all’uso di taser, tralasciando il fatto che la pistola elettrica avrebbe salvato “almeno 75mila vite”. Proprio per sostenere la tesi della sua assoluta non pericolosità, la società produttrice ha commissionato in questi anni almeno 23 studi, che rivelerebbero che l’arma è “non dannosa” o è “difficilmente dannosa”.

L’opinione della Taser International è stata contestata, tra gli altri, da Amnesty International, che ha chiesto alle autorità americane di interromperne l’utilizzo, o di limitarlo a casi in cui la pericolosità della persona perseguita è manifesta e tale da implicare una minaccia mortale per le autorità di polizia. Quello di Israel Hernandez è comunque soltanto l’ultimo di una serie di casi in cui il taser si è rivelato fatale. Gran parte delle vittime, tra l’altro, presentavano una scarsissima pericolosità sociale. Il 4 agosto 2006 Ryan Wilson, un 22enne del Colorado che coltivava piantine di marijuana, è stato colpito e ucciso da una scarica elettrica sparata dal poliziotto che cercava di catturato. Altre vittime della pistola “non-letale” sono state Mark L. Lee, un trentenne affetto da un tumore alla testa non operabile, abbattuto con una scarica elettrica durante una crisi epilettica; Jason Dockery, 31enne dell’Alabama, ucciso da una scarica elettrica dopo aver ingerito funghi allucinogeni; Nickolos Cyrus, 29enne di Mukwonago, Wisconsin, affetto da schizofrenia paranoide, ammazzato con 12 scariche di taser per non aver obbedito all’ordine di un agente di non oltrepassare le transenne di un cantiere.

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