La condizione di crisi ormai cronica nella quale versa il Paese è, in buona misura, da imputare alla circostanza che per decenni si è abdicato alla cultura del merito, preferendo affidarsi a quella di clientele, parentopoli e nominopoli. Dovrebbe trattarsi di una constatazione sotto gli occhi del più miope degli amministratori e dei governanti.
Sembra, tuttavia, che questa sotto-cultura dell’antimeritocrazia abbia messo radici tanto profonde nel nostro Paese da non risultare estirpabile neppure in un momento di emergenza come quello che stiamo attraversando.
Non si spiega diversamente l’ultima storia che rimbalza dalla Laguna, dove il Comune di Venezia, dovendo scegliere il Presidente della Venis, la propria società municipalizzata responsabile dell’informatica pubblica, dopo aver pubblicato un bando ed aver raccolto quasi centocinquanta curricula, ha nominato alla guida della società, Massimo Zanotto, ex insegnante di educazione fisica e oggi professionista rispettabilissimo nel settore del marketing sportivo ma che, dichiaramente, non ha – né ad onor del vero vanta – alcuna competenza nel campo dell’informatica.
Il neo-presidente  di Venis, d’altra parte, non fa mistero di aver presentato una “domanda aperta”, manifestando interesse a ricoprire uno qualsiasi degli incarichi oggetto del bando pubblicato dal Comune di Venezia.
E, infatti, nella sua domanda Zanotto – già rappresentante del Comune in Venezia Spiagge S.p.A. – ha chiesto di essere nominato, indifferentemente, membro del consiglio di amministrazione di una qualsiasi delle seguenti società municipalizzate: CMV S.p.A., PMV S.p.A., Veritas S.p.A., ACTV S.p.A., Ve.Ma. S.p.A., La Immobiliare Veneziana s.r.l., VeGa S.C.a.r.l., Venezia Spagge S.p.A. oltre, naturalmente, a Venis – Venezia informatica e sistemi.
Il neonominato Presidente della società di informatica del Comune di Venezia, evidentemente, ritiene di essere un professionista eclettico e con competenze multidisciplinari che vanno dalla gestione delle spiagge, a quella del patrimonio immobiliare pubblico, passando, per lo sport e, appunto, l’informatica pubblica.
Ma il problema, naturalmente, non sono le legittime ambizioni di Massimo Zanotto ma il fatto che il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni (Pd), peraltro avvocato e Professore di diritto amministrativo e, quindi, esperto di bandi e gare pubbliche – letto il suo curriculum, ha ritenuto, per ragioni davvero difficili da comprendere, di porlo alla guida di una società di informatica.
E pensare che il Comune di Venezia si è dotato di un apposito regolamento – richiamato, peraltro, nell’atto di nomina di Zanotto – che detta i principi cui ispirarsi per le nomine alle cariche pubbliche e recita, tra l’altro: “La nomina o la designazione devono essere effettuate tra persone che dispongono delle capacità dimostrate e dell’esperienza e professionalità necessaria in relazione all’incarico da conferire e che siano in possesso dei requisiti previsti per l’elezione a Consigliere Comunale”.
Come e perché, dunque, è accaduto che Massimo Zanotto, ex insegnante di educazione fisica, organizzatore di eventi sportivi e esperto di Marketing è finito a guidare una società che ha come unica mission quella di supportare l’amministrazione nello sviluppo e nella promozione dell’informatica pubblica in laguna?
Guai a pensar male ma, ad un tempo, sembra opportuno ricordare che la Venis è una società con oltre ottanta dipendenti e per la quale transitano decine di milioni di euro e che solo nel 2012 ha avuto ricavi per oltre quindici milioni di euro.
Possibile che tra i quasi centocinquanta curricula ricevuti dal Comune non ve ne fosse nessuno dal quale emergessero maggiori competenze ed esperienze nel settore dell’informatica pubblica o privata?
Mentre il Comune tace, Massimo Zanotto difende la scelta dell’amministrazione di Piazza San Marco, sostenendo che per presiedere una municipalizzata che si occupa di informatica non serve sapere di informatica ma basta saper far di conto e saper amministrare una società pubblica tanto, poi, a far funzionare davvero la società penseranno l’amministratore delegato e il direttore generale di prossima nomina.
Un ragionamento contorto e difficile da seguire.
Perché mai un Comune dovrebbe nominare Presidente di una propria municipalizzata un soggetto privo delle necessarie competenze, facendo affidamento sul fatto che, tanto, poi a  fare tutto il lavoro ci penseranno gli amministratori?
A questo punto tanto varrebbe fare a meno del Presidente e risparmiare sul suo compenso.
Tanto più che lo Statuto della società in questione prevede addirittura che l’incarico di Presidente e quello di Amministratore delegato possano essere affidati alla stessa persona.
Un’ennesima brutta storia che va ad aggiungersi all’epopea delle nominopoli italiche.
Peccato dover constatare che la cultura del merito continua a non avere cittadinanza nel nostro Paese.
Senza, d’altra parte, è difficile sperare in un futuro migliore del passato.
 
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