La Guardia di Finanza scava sempre di più negli affari di Intesa Sanpaolo. Gli agenti hanno “esteso anche agli anni dal 2008 al 2011 la verifica, già tradotta in contenzioso per il 2007, di una serie di operazioni attuate dalle incorporate Banca Commerciale Italiana, Banca Intesa, Sanpaolo Imi e Banca IntesaBci, a fini di patrimonializzazione, mediante l’emissione di strumenti innovativi di capitale (preference shares) per il tramite di controllate estere (sotto forma di Llc, Limited liability company) domiciliate in Delaware (Usa)”. Lo riporta la relazione semestrale di Intesa Sanpaolo, che fornisce un aggiornamento sul contenzioso in essere con il Fisco.

“Un nuovo gruppo di contestazioni, insorto nel secondo trimestre del 2013 – prosegue la relazione semestrale – riguarda il tema dei finanziamenti stipulati all’estero, che, in una prima fase, sono stati censurati, agli effetti dell’imposta sostitutiva, sotto il profilo dell’abuso di diritto e, successivamente, in base all’assunto che gli stessi sarebbero da considerare comunque formati in Italia ogni qualvolta gli elementi essenziali del relativo consenso negoziale trovino evidenza in altra documentazione rinvenuta nel territorio dello Stato (cosiddetto term sheet) avente data precedente al contratto sottoscritto all’estero. Per entrambe le fattispecie – conclude la banca – allo stato delle cose non sussistono elementi per l’appostazione di specifici accantonamenti“.

L’anno scorso è stata aperta un’inchiesta della procura di Biella con l’ex ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera (amministratore delegato di Banca Intesa nel 2006), iscritto nel registro degli indagati per violazioni di carattere fiscale. I fatti risalgono al 2006 e 2007 e le contestazioni riguardano un’operazione detta di arbitraggio fiscale internazionale transitata attraverso Biverbanca, istituto biellese all’epoca controllato da Banca Intesa e poi ceduto al Montepaschi. L’operazione sotto inchiesta sarebbe quindi stata pensata e messa in atto per ottenere dei benefici di carattere fiscale.

Il processo verbale redatto nel giugno 2011 dal Nucleo di polizia tributaria di Milano spiegava infatti che diversi istituti, con Intesa in prima linea, hanno comprato a piene mani quelli che in gergo vengono definiti tax product. Ovvero prodotti finanziari che “sono concepiti per il fine esclusivo di ottenere benefici fiscali abusivi o illeciti a favore di soggetti residenti in Italia”.

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