“Vivere a Panama all’inizio è come prendersi una vacanza dalla mentalità europea, ma non è sempre facile. La nostra è una doppia storia oltre che di cervelli, anche di braccia e cuori in fuga, sia dall’Italia che dalla Spagna“. Rossana Roccari, romagnola, 29 anni, è un po’ nostalgica. Lei e suo marito Alex, ingegnere delle telecomunicazioni di Barcellona, si sono conosciuti durante una vacanza in Spagna. E da lì hanno preso molti aerei, ma non si sono più separati. Prima Londra, dove hanno vissuto per un anno, poi il Sudamerica, dove si sono trasferiti all’inizio del 2010, convinti che sarebbe stata una residenza provvisoria: “Siamo venuti qui perché Alex ha un amico che aveva aperto un’impresa. Ci sembrava un Paese in via di sviluppo, pieno di possibilità, al contrario dell’Europa dove tirava una brutta aria. Pensavamo che saremmo rimasti solo un anno, e invece…”.

E invece ora vivono e lavorano stabilmente a Panama da quasi quattro anni. Lei, laureata in giurisprudenza, è diventata marketing manager di un’azienda che distribuisce un marchio italiano di vestiti, Alex, invece, ha aperto un’impresa di logistica e trasporti internazionali. Tutto però parte dall’Inghilterra, dove Rossana segue Alex. “Qui c’erano poche prospettive, la mia laurea era praticamente carta straccia”. Così, prima di imbarcarsi per Panama, ha lavorato dieci mesi come commessa in un negozio di abbigliamento. “Paradossalmente questa è stata un’esperienza molto più utile per trovare lavoro rispetto a tutti gli anni passati sui libri. Il mio capo a Londra mi ha insegnato molto sulle caratteristiche dei tessuti e delle camicie, così quando sono arrivata in Sudamerica mi sono resa conto di avere un bagaglio prezioso, che mi avrebbe aiutata”.

Dopo aver ottenuto il permesso di residenza, non senza fatica, “a causa dei costi elevati e di una burocrazia molto complessa”, Rossana trova anche un lavoro, quasi per caso. Bussa a molte porte, finché non trova quella giusta. “Aiutavo a tempo perso con un’amica che vendeva pubblicità per alcune riviste. Mi sono presentata negli uffici di un’impresa che distribuisce una marca italiana in America latina e sono uscita con un’offerta di lavoro”. Complice il fatto di essere italiana e spigliata, in poco tempo Rossana fa carriera. “Il mio capo adora gli italiani e per lui, che distribuisce un marchio tricolore, avermi è un valore aggiunto. Onestamente non credo che se fossi stata norvegese e un po’ più timida, avrei ottenuto il posto. Ora invece mi occupo di tutto il marketing e della vendita all’ingrosso”.

Ma un po’ di rammarico per la laurea “appesa al muro” c’è. “Se fossi rimasta in Italia avrei fatto un dottorato in criminologia, ma i tempi erano già duri per la ricerca. Il centro dove studiavo ha chiuso”. E le prospettive di un’occupazione nel suo campo a Panama non sono molte: “Ho provato a inserirmi un paio di volte, ma questo è un paese molto ‘protezionista’, dove non puoi svolgere professioni come medico e avvocato se non sei di qui. È un luogo molto aperto però se sei sveglio e flessibile, disposto a trovare percorsi alternativi a quelli che avevi già intrapreso”. Alex conferma: “Quando siamo arrivati, Panama era un Paese 50 anni indietro rispetto all’Europa. La crisi si è sentita poco e ora sta crescendo esponenzialmente. Insomma, qui se ti dai da fare puoi costruire qualcosa. Non senza fatica, però. Poi la natura e il paesaggio sono stupendi. E in due ore sei sul mare dei Caraibi”. Ma non è tutto rose e fiori. Tutto ha un prezzo e per Rossana e Alex è quello di “sentirsi sempre un po’ stranieri – rivela Rossana – in un contesto culturale completamente diverso dal nostro dove, per quanto la popolazione sia aperta, non è facile inserirsi. La mentalità panamense è completamente differente dalla nostra e il costo della vita, poi, è molto elevato. Qui il divario sociale è grandissimo. La classe media è costituita da noi immigrati e si riesce a mettere poco da parte”. E la nostalgia di casa è forte. “Spesso Skype non basta, le nostre famiglie ci mancano molto. Qui abbiamo molti amici, che sono diventati la nostra seconda famiglia. Ma il nostro progetto è di tornare presto in Europa”.

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