Le disgrazie non vengono mai da sole. Lo sa bene Telecom Italia che poco dopo aver pubblicato conti in profondo rosso (1,04 miliardi la perdita del semestre), si è trovata a dover fare i conti con la bocciatura di Fitch e, soprattutto, con la richiesta di un maxi risarcimento da oltre 1 un miliardo da parte del concorrente Vodafone Italia. E così in Borsa il titolo continua a scendere (-2,2% a 0,48 euro la chisura di lunedì 5), rappresentando sempre più una minaccia per i grandi azionisti riuniti in Telco (Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Generali e Telefonica) che hanno la partecipazione in bilancio a 1,2 euro per azione, quasi tre volte tanto il valore attribuito al titolo dalla Borsa.

Secondo l’agenzia di rating Fitch, che ha tagliato il suo giudizio merito di credito del gruppo di telecomunicazioni da BBB a BBB-, che significa un gradino prima della valutazione “speculativo” ovvero “junk”, spazzatura, Telecom soffre per “il peggioramento delle condizioni operative del business domestico a causa della pressione regolamentare, della protratta guerra dei prezzi nel mercato del mobile e della presenza di una economia debole”. Come dire che il risveglio delle autority di vigilanza combinata all’aumento della concorrenza e alla crisi sta sgonfiando sempre più i margini realizzati dalla società.

“L’erosione della generazione di cassa di Telecom Italia – afferma inoltre Fitch che negative le prospettive del gruppo – appare destinata a continuare nel 2014”. L’agenzia di rating continuerà a considerare Telecom una società investment grade, cioè un investimento abbastanza sicuro, “se il business domestico verrà stabilizzato e il debito messo sotto controllo”.

Nessuna menzione, invece, al contenzioso aperto da Vodafone e svelato dal Corriere della Sera nonostante la questione sia strettamente correlata alla rpessione regolamentare citata da Fitch. La divisione italiana del gruppo inglese, infatti, ha presentato un’azione civile contro Telecom al Tribunale di Milano. Sullo sfondo la delibera dell’Antitrust dello scorso 10 maggio, quando chiudendo una istruttoria durata tre anni il Garante ha giudicato anticoncorrenziale la gestione dell’accesso alla rete fissa dell’ex monopolista condannando Telecom al pagamento di una multa da 103 milioni per abuso di posizione dominante.

Sulla decisione pende ancora il ricorso al Tar immediatamente presentato da Telecom. Ma per Vodafone la valutazione dell’Authority per la concorrenza è una base solida su cui fondare la richiesta del maxi-risarcimento danni. Sotto accusa il periodo 2008-2013. Vodafone, nell’azione civile presentata al Tribunale di Milano, contesta a Telecom “una serie di condotte abusive” che “avrebbero rallentato lo sviluppo della concorrenza nei mercati di rete fissa”, quindi “il ritardo dell’Italia nella banda larga“, con danni anche per “i consumatori che non hanno potuto beneficiare dell’effetto della competizione sui prezzi nè di servizi Internet avanzati”.

Questo, sostiene ancora Vodafone, per “un’articolata strategia” portata avanti “per proteggere la propria posizione dominante nel mercato ed impedire l’espansione di Vodafone e dei concorrenti: ostacolando sistematicamente l’accesso di Vodafone all’infrastruttura di rete impedendole di competere nell’offerta di servizi di telefonia fissa e di accesso ad Internet; facendo pagare a Vodafone prezzi eccessivi e discriminatori per i servizi all’ingrosso di accesso alla rete; avvalendosi di pratiche commerciali volte al recupero dei clienti passati a Vodafone con offerte mirate e selettive e attraverso l’illecito sfruttamento di informazioni in proprio possesso”.

Così, rivolgendosi al Tribunale di Milano, Vodafone Italia sostiene di aver subito “ingenti danni“, anche in termini di “perdita di clientela effettiva e potenziale”, di mancata crescita “nei mercati di rete fissa in cui l’azienda ha fortemente investito”, e di costi da sostenere per restare sul mercato incrementati “artificiosamente”. Da qui una stima dei danni “ad oggi nella misura di oltre 1 miliardo“.

Netta la replica di Telecom, che ha sottolineato la convinzione “che riuscirà a dimostrare la assoluta correttezza dei propri comportamenti”, e non ha risparmiato una stoccata al concorrente: “Vodafone non è nuova ad iniziative di competition by litigation“, ha detto un portavoce, ricordando “che una simile pretestuosa iniziativa avviata negli anni scorsi da Vodafone con richieste economiche roboanti (oltre 800 milioni) si è poi definita con un nulla di fatto e nessun esborso per la società”.

Fatto sta che intanto Telecom soffre e pure i suoi azionisti, che avevano rilevato il 22,4% di Telecom dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera per la considerevole cifra di 2,82 euro per azione, quasi sei volte tanto il valore di mercato odierno.  Per avere un’idea dei pesi in gioco, basta pensare che l’ultima svalutazione da 1,5 a 1,2 euro, quella di quest’anno, è costata ai soci di Telco una somma complessiva di 920 milioni di euro che per Mediobanca si è tradotta in una rettifica da 95 milioni, 107 milioni per Intesa Sanpaolo, 148 milioni per Generali.

Naturale che ora i soci prendano tempo e saguano col fiato sospeso le evoluzioni in attesa delle scadenze di settembre. “Penso sia prematuro, dobbiamo attendere sviluppi”, ha detto per esempio l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Enrico Cucchiani, venerdì 2 agosto a un’analista che gli chiedeva il perchè non fosse stata svalutata la quota in Telco nel trimestre. “La situazione è complessa – ha aggiunto – ma ci sono anche opportunità che non sono state pienamente apprezzate”. Per ora, però, l’unica opportunità concreta è quella di una cessione di una quota della rete alla Cassa Depositi e Prestiti a un prezzo conveniente. Per il gruppo e i suoi soci. Bisognerà vedere se si potrà dire altrettanto per il contribuente.

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