Di nuovo, nella crisi greca, non c’è solo il “no” di alcuni Paesi sudamericani a prestare altro denaro ad Atene, ma l’attacco concentrico di Economist, Handelsblatt e New York Times sul Grexit come nemmeno lo scorso anno, nei momenti di maggior pericolo, avevano fatto. Se tre quotidiani internazionali contemporaneamente ragionano sul rischio di una Grecia fuori dall’eurozona, quindi in default e sulle elevate possibilità di fallimento dell’applicazione del memorandum, proprio mentre il capo negoziatore della Troika, Paul Thomsen, annuncia flebili segni di ripresa, significa che anche la grande stampa non crede più alla medicina imposta dalla Troika alla Grecia: semplicemente perché non vi sono sufficienti garanzie di restituzione del debito.

Non solo reale, ma anche alta, è secondo l’Economist l’uscita della Grecia dalla zona euro: il pericolo è causato dalla crescente disoccupazione, da tensioni sociali galoppanti e dalla forte instabilità politica, visto che si continua a parlare di elezioni anticipate ad ottobre se a settembre la cancelliera tedesca Angela Merkel non dovesse essere riconfermata. Sottolinea, inoltre, che la crescita di cui si parla in queste ore (dell’1,9%) potrà avvenire solo a conclusione del triennio 2015-2017. Il New York Times, poi, attacca a gamba tesa la Troika (è la prima volta dal 2009) e si chiede: perché nessuno dice che in Grecia il memorandum non funziona? E osserva: “Il Paese sta sprofondando nella recessione mentre ha imbracciato un grande debito insostenibile. Pochi politici sono disposti a riconoscere pubblicamente questa verità, perché se lo facessero ammetterebbero il loro fallimento e sarebbero costretti a scegliere una politica diversa da quella seguita fino ad oggi”. Con tutto ciò che comporterebbe uno scenario del genere, in primis il mancato pagamento degli interessi sui prestiti alla Bundesbank.

Secondo il quotidiano economico tedesco Handelsblatt la previsione del Fondo Monetario Internazionale, inoltre, innesca una nuova discussione sul caso ellenico. Forse sarà necessario un altro taglio del debito e gli esperti sono d’accordo che l’azione dovrebbe essere presa al più presto. Secondo le stime dell’Fmi, infatti, la Grecia potrebbe aver bisogno di un’altra riduzione del debito: ciò ha provocato un dibattito interno tra gli economisti tedeschi. Secondo il direttore dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW), Christian Dreger, Atene dovrà andare incontro ad un haircut, dal momento che le previsioni sulle aspettative per quanto riguarda lo sviluppo e la crescita dei debiti, sono state “troppo ottimistiche”. Posizione simile quella sostenuta dal capo economica dell’istituto Ifo di Monaco di Baviera, Kai Carstensen, secondo cui la Grecia non riuscirà a mantenere i propri impegni in assenza di un altro taglio.

Ma il Fondo Monetario già lo scorso gennaio aveva lasciato trapelare timori e pessimismi sulla tenuta del Paese, con un’intervista rilasciata da un suo alto funzionario in cui ammetteva non solo errori di valutazione (del calibro di 9 miliardi di euro) ma soprattutto deficienze strutturali tali da rendere impossibile l’applicazione dei tre memorandum predisposti da Bce, Ue e Fmi. La domanda, allora, che si fanno i cittadini greci è come mai, pur con tutti i dubbi sulla cura applicata, nessun membro del governo abbia proposto soluzioni diverse rispetto ai desiderata della Troika.

Ma ci sono alternative praticabili? Una forzata rinuncia al pagamento degli interessi per la proroga delle scadenze, una ristrutturazione delle condizioni capestro del debito, uno sfruttamento “interno” degli idrocarburi e delle risorse sottomarine , un piano di privatizzazione delle aziende di Stato che non si traduca in svendita. Senza dimenticare la prima via indicata ad inizio crisi dal premio Nobel per l’Economia, Christopher Pissarides: un default controllato. Consiglio che nessuno volle ascoltare.

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