La condotta professionale di Renato Schifani è stata solo fisiologicamente vicina agli ambienti di Cosa Nostra? O è stata funzionale all’accrescimento dell’associazione criminale? Se lo chiede il gip di Palermo Piergiorgio Morosini che ha ordinato nuove indagini sull’ex presidente del Senato. Con un provvedimento di poco più di dieci pagine, Morosini ha respinto la richiesta di archiviazione avanza dalla procura di Palermo nei confronti di Schifani nel novembre scorso. Dal 2010 i pm avevano riaperto le indagini sul capogruppo al Senato del Pdl, accusato di concorso esterno a Cosa Nostra, e iscritto nel registro degli indagati con il nome falso di “Schioperatu”. Dopo due anni di indagini però i pm avevano chiesto l’archiviazione del fascicolo. L’attività investigativa però – secondo Morosini – necessità di ulteriori verifiche.

Sul passato di Schifani vanno interrogati altri collaboratori di giustizia. Il nodo centrale è capire se nella sua attività di avvocato, Schifani ha semplicemente gravitato intorno a uomini di Cosa Nostra, o se per gli affari della piovra si è effettivamente adoperato. Le indagini non hanno incrociato le dichiarazioni presenti nel fascicolo investigativo con ulteriori spunti che potevano pervenire da altri collaboratori di giustizia. È per questo che Morosini ha ordinato ai pm di interrogare Nino Giuffrè, detto “manuzza”, il luogotenente di Bernardo Provenzano, poi diventato collaboratore di giustizia nel 2002. “Quando Dc e Psi si avviarono al tramonto, in Cosa nostra nacque un nuovo discorso politico. Un nuovo soggetto politico andava appoggiato: era Forza Italia” disse Giuffrè durante un’udienza del processo contro Mario Mori e Mauro Obinu (poi assolti per favoreggiamento a Cosa Nostra). Per Morosini, Giuffrè potrebbe chiarire meglio i rapporti di Schifani con Nino Mandalà, considerato il boss di Villabate.

I trascorsi di Schifani nel comune palermitano erano stati descritti agli inquirenti da Francesco Campanella, ex presidente del consiglio comunale di Villabate, autore della falsa carta d’identità utilizzata da Provenzano per recarsi in Francia, che aveva rivelato il legame intercorso tra l’ex presidente del Senato e i Mandalà. Negli anni ’80 Schifani era stato anche socio di Mandalà nella Sicula Brokers, società di brokeraggio assicurativo di cui faceva parte anche Enrico La Loggia, ex ministro nel secondo governo di Silvio Berlusconi. Negli anni ’90 Schifani divenne anche consulente del comune di Villabate e in un’intercettazione telefonica Mandalà si vantava con Simone Costello, altro uomo di Provenzano, di aver intercesso per far nominare consulente l’attuale senatore del Pdl. Giuffrè, da braccio destro di Provenzano, potrebbe secondo il giudice fornire riscontri e ulteriori spunti sui rapporti intercorsi tra Schifani e la cosca mafiosa di Villabate. Morosini però ha anche ordinato di interrogare un altro collaboratore: si tratta di Tullio Cannella, già militante di lungo corso nella Democrazia Cristiana, e poi autore di alcune rivelazioni sull’impegno politico di Cosa Nostra in favore di Forza Italia. Cannella potrebbe raccontare ai pm se e quale tipo di rapporto avrebbe legato Schifani a Giuseppe e Filippo Graviano. I possibili incontri tra il senatore del Pdl e i boss di Brancaccio erano stati raccontati ai pm da Gaspare Spatuzza. “Filippo Graviano – aveva detto Spatuzza – utilizzava talvolta l’azienda Valtras, dove lavoravo, come luogo di incontri. Accanto a questa c’era un capannone di cucine componibili di Pippo Cosenza, dove pure si svolgevano incontri, dove ricordo avere visto più volte la persona che poi mi è stata indicata essere l’avvocato del Cosenza. In queste circostanze questa persona contattava sia il Cosenza che il Filippo Graviano in incontri congiunti. La cosa mi fu confermata dal Graviano Filippo a Tolmezzo, allorquando, commentando questi incontri, Graviano Filippo mi diceva che l’avvocato del Cosenza, che anch’io avevo visto a colloquio con lui, era in effetti l’attuale presidente del Senato Renato Schifani. Preciso che anch’io, avendo in seguito visto Schifani su giornali ed in televisione, l’ho riconosciuto”.

Morosini ha anche ordinato di riascoltare Innocenzo Lo Sicco. Secondo Lo Sicco, Schifani si era adoperato per “sanare” durante il governo Berlusconi un palazzo costruito dallo zio Pietro Lo Sicco, poi condannato per mafia, nella zona di Piazza Leoni a Palermo. Il testimone era già stato interrogato dai pm palermitani ma fuori dai tempi consentiti. Stralciate nell’ordinanza di Morosini alcune intercettazioni di boss che facevano cenno all’ex presidente del Senato. Nessuna rilevanza è stata riscontrata nelle parole di Totò Riina che dialogando con la famiglia durante un colloquio in carcere elogia Schifani, definendolo “una mente”. Stralciata anche l’intercettazione in cui due imprenditori, Giovannello Li Causi e Franco Conti, parlano di un tale “Schifano” definendolo come politico vicino ai boss.

Adesso la procura ha 120 giorni di tempo per effettuare le nuove indagini, trovare nuovi riscontri e raccogliere nuovi spunti. Quindi la palla passerà nuovamente al gip che dovrà decidere se rinviare a giudizio l’ex presidente del Senato o archiviare l’indagine per concorso esterno a Cosa Nostra. 

“Dopo tre anni di indagini sulla mia persona – sostiene Schifani – mi sarei aspettato che il Gip avesse accolto la motivata richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Palermo e ribadita in udienza. Tuttavia, come ho già dichiarato, gli approfondimenti istruttori disposti dal Gip non potranno che confermare la mia totale estraneità a rapporti collusivi con esponenti mafiosi”. “Del resto, i collaboratori di giustizia indicati dal Gip nella sua ordinanza di integrazione di indagine, nel corso di tutti questi lunghissimi anni, hanno reso numerosi interrogatori e sottoscritto protocolli di collaborazione nei quali non hanno mai fatto riferimenti alla mia persona”.

“Sono vicino all‘amico Renato Schifani, presidente del Gruppo dei senatori del Popolo della libertà, colpito dall’inaspettata decisione del Gip di Palermo che ha disposto approfondimenti istruttori su fatti che risalgono a venti anni fa, nonostante la richiesta di archiviazione sostenuta e motivata dalla Procura di Palermo”. Con queste parole l’ex presidente del Consiglio e leader del Pdl, Silvio Berlusconi, esprime la sua solidarietà a Schifani. “Renato Schifani ha ricoperto nella scorsa legislatura la carica di presidente del Senato con dedizione assoluta al servizio dello Stato e con spirito al di sopra delle parti, come gli è stato unanimemente riconosciuto. Sono sicuro che sarà accertata la sua totale e incontrovertibile estraneità a qualsiasi accusa”, conclude Berlusconi, in una nota ufficiale.

Modificato da Redazione web alle ore 16.15

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