Quel passaporto è vero. Arsène Sende è categorico. Il ministro della Giustizia della Repubblica Centrafricana ci risponde gentile al suo cellulare, appena uscito da una riunione di gabinetto.

Signor ministro, lei è a conoscenza della vicenda della signora Alma Ayan o Shalabayeva?
Sì, certo.

E immaginerà che la stiamo chiamando in merito al passaporto diplomatico rilasciato dal suo paese…
Il nome del ministro che ha firmato quel passaporto non è il mio, è dell’ex ministro Antoine Gambi, che all’epoca ricopriva il mio incarico.

Eppure lei è a conoscenza di tutta la vicenda: da chi è stato informato?
È un avvocato che mi ha informato, con un documento scritto.

Ma lei sa che la polizia italiana ha considerato falso il passaporto?
Certo che lo so. Ma noi abbiamo verificato: il passaporto che abbiamo rilasciato è regolare.

Questo è il punto: lei l’ha comunicato?
Certo.

Ha inviato una lettera il 21 giugno?
Esattamente.

Mandata dal suo ministero della Giustizia, una lettera ufficiale?
Sì, certo.

E prima di quella data la polizia italiana aveva ricevuto un’informazione anche dall’ambasciata centrafricana a Ginevra?
Esatto, ho una copia di questa lettera e di tutta la corrispondenza.

Quindi lei sapeva già che il 30 maggio il suo ambasciatore a Ginevra, Leopold Ismael Samba, comunicava la veridicità del passaporto?
Certamente.

E cosa ha pensato quando le autorità italiane hanno giudicato falso il passaporto, nonostante la lettera dell’ambasciata?
Bah, lì per lì non ho capito. È del tutto normale rivolgersi alle autorità diplomatiche per la verifica di un passaporto. Che poi non sia stato riconosciuto, questo non è per nulla normale.

Qual è stata la sua reazione?
Beh, penso che il nostro ministero degli Affari esteri reagirà, perché le relazioni fra i due paesi così proprio non vanno…

Dice che le relazioni fra l’Italia e la Repubblica Centrafricana sono compromesse?
Esatto. Anche il nostro capo di Stato è informato di tutta questa vicenda.

Pensa che vi sarà una protesta ufficiale con il governo italiano?
Tutto è affidato al ministro degli Affari esteri. Per quanto mi riguarda sono chiamato in causa circa la regolarità del passaporto, e ho rilasciato un documento ufficiale che attesta la sua validità.

Il suo paese ha contatti col Kazakistan?
No, per niente. E comunque è il ministero degli Affari esteri che vi può dare informazioni.

Alma Ayan aveva un passaporto diplomatico ed era consigliere del vecchio presidente, giusto?
Sì, è giusto, è quello che è scritto nel passaporto.

Lei l’ha mai incontrata?
No.

Ma come ha fatto a ottenere il passaporto?
È venuta qui in Africa. Ma come ho detto, quel documento è stato rilasciato dal precedente governo, non da quello attuale: io son qui dal mese di aprile…

Ma il passaporto è stato rilasciato a questa donna per motivi umanitari?
Questo non lo so. Sono stati il ministro e il capo di Stato precedenti che l’hanno rilasciato, quindi non posso dirle nulla.

Ma lei che ne pensa, perché come sa il marito è ricercato dall’Interpol ma ha ricevuto anche asilo in Gran Bretagna perché è un oppositore del presidente del Kazakistan. Per questo qui in Italia qualcuno ha immaginato che il passaporto fosse stato rilasciato per motivi umanitari, perché lei era in pericolo nel suo paese…
Io ho solamente verificato l’autenticità e la regolarità del documento. Non posso fare nessun’altra considerazione.

La polizia italiana ha considerato falso il passaporto perché c’erano errori in inglese come “adress”, con una sola d, e poi perché il numero delle pagine non era regolare.
Se vogliono possono venire a verificare…

Ma nessuno l’ha chiamata per chiederle informazioni?
No, nessuno mi ha chiamato. Lei è il primo italiano che mi contatta.

Lei ha mai sentito parlare di Angelino Alfano, il ministro dell’interno italiano?
Mai sentito.

di Marco Filoni e Laetitia Méchaly

da Il Fatto Quotidiano del 24 luglio 2013

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