Il risultato del referendum bolognese sui fondi alle scuole d’infanzia paritarie rischia di essere definitivamente affossato dalla maggioranza del consiglio comunale. Oggi a Palazzo D’Accursio si è celebrato l’ennesimo funerale tra il Palazzo e i cittadini. Il Partito democratrico ha presentato un ordine del giorno (che sarà votato il 29 luglio) che ignora il risultato del 26 maggio scorso.

E’ vero si trattava di un referendum consultivo che lasciava a chi governa la città l’ultima parola ma che piaccia o meno, il risultato di quella consultazione era chiaro: 50.517 bolognesi avevano votato affinché le risorse finanziare comunali fossero totalmente utilizzate per le scuole comunali e statali e in 35.160 avevano ritenuto che il sistema attuale di convenzioni con le scuole dell’infanzia paritarie a gestione privata fosse mantenuto.

E’ vero alle urne si erano recati solo 85.677 cittadini su 298.000. Forse pochi ma si sa che questo dibattito non riscuote certo l’interesse delle masse perché la scuola non è ritenuta un bene comune in Italia.

Il referendum era consultivo ma la democrazia non può valere solo quando si vince. Poteva non piacere quel quesito; quella domanda posta ai cittadini poteva non essere chiara e completa rispetto alla complessità del sistema di convenzioni bolognese; quel referendum è stato senz’altro una brutta pagina della storia democratica della città di Bologna, ma il risultato del 26 maggio scorso doveva essere un’occasione perché la città felsinea portasse un contributo all’Italia intera rispetto ad una questione delicata come quella dei finanziamenti alle scuole d’infanzia paritarie.

Forse è compito di un’amministrazione comunale trovare la strada per tenere in considerazione il voto dei cittadini ricordando che in Italia non possiamo fare a meno in alcune realtà, della risorsa delle paritarie private. Forse chi dirige il Pd e il Pdl a Bologna dovrebbe rendersi conto che in un momento di crisi della credibilità dei partiti, la partecipazione al referendum resta l’unico strumento di partecipazione ancora presente nello statuto comunale.

Oggi pomeriggio, al contrario, a Palazzo D’Accursio, la maggioranza del Partito democratico (unico a prendere le distanze dalla proposta il consigliere Francesco Errani che ha annunciato l’astensione), con il sostegno del Pdl (la Lega non ha aperto bocca fino ad oggi), ha presentato una delibera dove con la consueta abilità politichese, da una parte “impegna il consiglio comunale a prevedere in apposite discussioni consiliari, a partire dalle commissioni competenti, a verificare i dati di attività e i risultati dell’andamento delle convenzioni” dall’altra a “mantenere l’attuale sistema pubblico integrato compresa l’erogazione delle risorse finanziarie comunali destinate al supporto delle scuole paritarie private”.

Con buona pace della maggioranza dei votanti al referendum; del Comitato promotore Articolo 33 e del centrosinistra che in buona parte (Fiom, Flc, Sel, Movimento 5 Stelle, Idv, Comunisti Italiani e Rifondazione) sosteneva la tesi dei promotori. Una volta la Sicilia era definita il laboratorio politico dell’Italia oggi, forse, Bologna è il laboratorio politico del centrosinistra. Se si può ancora chiamare così.   

 

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