La giunta ci vede uno spazio dedicato a ragazzi e studenti, in mezzo al verde. Per l’opposizione invece non è altro che un ecomostro “che ricorda i bunker del Terzo Reich”. Non è ancora terminato e già fa discutere il laboratorio del parco di Santa Maria di Reggio Emilia: una struttura di metallo scuro, alta quattro metri e con un’unica porta d’entrata, piazzata nel mezzo di uno dei giardini pubblici della città. L’opera, costata 65 mila euro (60% a carico della Regione e 40% a carico del Comune), fa parte del piano di riqualificazione di quell’area, ed è ancora in fase di costruzione. Il Movimento 5 stelle però è già sulle barricate, pronto a presentare un’interpellanza in consiglio comunale, e un’altra in consiglio regionale.

“Non vediamo l’utilità estetica di un bunker di metallo in quella posizione” scrive in una nota il consigliere a 5 stelle, Matteo Olivieri, che punta il dito sull’amministrazione, accusandola di non aver sentito il parere di chi vive in quella zona. “Si poteva realizzare in maniera diversa. Lo si poteva fare ascoltando i cittadini e non posizionandola nella parte più bella del parco”. Invece, “gli abitanti del quartiere che hanno da sempre tenuto a questo giardino non sono stati coinvolti”.

Firmato dagli architetti Cristiana Campani, e Giorgio Teggi, e voluto dall’assessore alla Coesione sociale, Franco Corradini, lo spazio si chiama Labart ed è stato progettato con la collaborazione degli studenti dell’istituto d’arte Chierici di Reggio Emilia, con cui è stata stipulata una convenzione fino al 2014, per dare nuova vita al parco. L’idea era quella creare uno “spazio polivalente”, un punto d’incontro per i ragazzi del liceo artistico e non solo. Una sala di 20 metri quadrati da sfruttare per l’esposizione di mostre, incontri, presentazioni dei libri, e per il lavoro e le attività di diverse associazioni.

Quello che non convince alcuni però è il colpo d’occhio. Nonostante i cantieri siano ancora aperti, infatti, l’enorme cubo ricoperto di lastre di Corten (un materiale misto ferro-rame che crea un particolare effetto “arrugginito”) è già visibile da chi passeggia per il parco. E se Olivieri non usa il guanto di velluto, parlando di un “ risultato estetico orripilante”, sul web i i giudizi apparsi sotto le foto dell’edificio sono decisamente poco teneri. Si va da “garage per tosaerba” a “forno per cuocere crescioni”.

Frasi che non vanno giù a chi ha disegnato l’opera, che ora si difende, invitando alla pazienza e parlando di “scelte motivate”. “Si tratta di uno spazio neutro, che non ha orpelli, perché deve richiamare alle dimensioni di un piccolo laboratorio artigiano o di un’aula” ha spiegato l’architetto Teggi al Resto del Carlino. “E poi non avrà bisogno di nessuna manutenzione, non richiederà altri oneri”.

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