Il Tour riposa. Noi no. Oggi parliamo di Davide Malacarne. Se lo merita. Intanto, perché compirà ventisei anni durante la dodicesima tappa del Tour de France, da Fougères a Tours (218 chilometri e nemmeno una salitella di quarta categoria). E’ veneto, di Feltre. E’ stato campione mondiale juniores di ciclocross nel 2005, corre per l’Europcar del francese Pierre Rolland che per il momento indossa la maglia a pois del miglior scalatore. Guida questa squadra di incursori l’ex corridore Jean-René Bernardeau (valido prof agli ordini di Hinault, vinse una tappa al Giro del 1980, quella dello Stelvio). L’Europcar in queste prime nove tappe si è dimostrata tra le più combattive, non ha subìto ritiri ed è stata presente ogni giorno in qualche fuga, compresa quella del giapponese Arashiro. Rolland è il capitano, ha buone doti d’arrampicatore, se la cava anche sul passo; i francesi speravano in lui ma la corsa ha detto che per quanto riguarda la classifica generale, non è ancora venuto il suo turno. Così il buon Pierre si è buttato alla caccia dei Gran premi della montagna, sperando che la nuova stella delle arrampicate, il colombiano Naori Quintana si accontenti della maglia bianca, quella che premia il migliore dei giovani.

Quanto all’altro merito di Malacarne, diciamo che è lui il nostro portacolori. In classifica generale, infatti, è al ventisettesimo posto, giusto alle spalle del suo capitano Rolland, a 14 minuti e 27 secondi dal leader Christopher Froome. Inutile cercare altri italiani fra lui e il britannico nato in Kenya. Ci sono corridori di tredici nazionalità, tra Malacarne e Froome. Damiano Cunego lo troviamo al 38esimo posto, staccato di 22 minuti e mezzo. Poi bisogna saltare alla sessantaseiesima piazza di Mori. La “speranza” Moser, della nota stirpe di corridori, è al posto numero 103. Su 182 concorrenti ancora in gara, i nostri sono 15, l’ultimo è Trentin (146esimo). Insomma, una presenza labile, marginale: non abbiamo velocisti in grado di impensierire Cavendish e Sagan, ma neanche il tedescone Greipel; nella speciale graduatoria a punti che premia gli sprinter, Gavazzi figura al quattordicesimo posto, Bennati al ventesimo, Sabatini (l’ultimo del “treno” di Sagan) al ventiduesimo. In quella della montagna – dove il ciclismo italiano ha sempre vantato una grandissima tradizione – siamo del tutto assenti. E pensare che Malacarne ha vinto nel 2011 la classifica scalatori della Tirreno-Adriatico 2011. Pure tra i giovani siamo in crisi: Moser sedicesimo, Favilli diciassettesimo, Cimolai diciannovesimo, Trentin 24esimo. Unica consolazione: il sesto posto della Lampre-Merida tra le squadre, ad appena 30 secondi dall’australiana Orica Greenedge. L’altra formazione italiana, la Cannondale, è giù, diciottesima.

Questo il quadro made in Italy della prima settimana di corsa del Tour. Triste y solitaria la nostra spedizione. Un bilancio modestissimo. Insomma, la corsa degli italiani non regala sinora alcun brivido. Aassai più emozioni (e controversie) offre la stupefacente prestazione di Christopher Froome nelle due tappe pirenaiche. Grandissima prova di forza della sua Sky che aveva annichilito il resto del plotone. Il giorno dopo, la Sky si dissolve e solo Froome resiste e doma gli attacchi. Con l’aiuto interessato della Movistar di Alejandro Valverde, secondo in classifica ad un minuto e 25 secondi. Molte domande e poche risposte alla “cotta” che ha mandato in tilt gli uomini della Sky. In genere, è facile che dopo una pesantissima giornata di sforzi, uno o due elementi possano pagare la fatica. Ma Richie Porte, l’australiano che aveva accompagnato la salita trionfale di Froome è crollato ad oltre diciotto minuti. Kennaugh ha sofferto le pene dell’inferno. Il validissimo bielorusso Kiryenka è arrivato fuori tempo massimo. Curiosamente, la Movistar di Valverde si è messa a fare “treno” in salita nella tappa dei cinque colli pirenaici di domenica, esattamente come il giorno prima aveva rollato- ma ad un ritmo assai più asfissiante – la Sky. Col risultato che Froome ha potuto contenere gli attacchi. Il colombiano Quintana ha sparato quattro scatti secchi, durati però qualche secondo: Froome ha sempre prontamente risposto. Mentre stava per piazzarne un quinto, il pivello Quintana è stato stoppato e redarguito da Valverde. Al quale preme più mantenere il posto d’onore che puntare al trono di Froome: la maglia gialla avrà a disposizione già dopodomani una cronometro di 33 chilometri per spillare altri secondi se non minuti ai rivali più pericolosi. Tra loro, da non sottovalutare Daniel Martin, (nipote del grande Stephen Roche), vincitore di domenica, ottavo nella generale, di cui ancora non si conoscono i limiti. E Quintana, che pare sappia difendersi discretamente nelle gare contro il tempo.

Il riposo, in genere, è il giorno in cui si stabiliscono alleanze tra le squadre e si riscrivono le gerarchie interne. La terza settimana del Tour è dantesca, almeno sulla carta. Le Alpi sono più selettive dei Pirenei, due volte nella stessa tappa l’ascesa all’Alpe d’Huez è l’incubo di tutti, ed il sogno del colombiano Quintana: avrà via libera da Valverde? Infine, Alberto Contador. El Pistolero ha quasi due minuti di ritardo. Non è al meglio, ma già domenica è rimasto acquattato all’ombra ai mozzi dei migliori. Se avesse avuto la gamba, avrebbe attaccato Froome. Non l’ha fatta perché non ha potuto. Un segnale che il plotone ha archiviato. In verità, nessuno dei favoriti (visto un Andy Schleck in ripresa…) si fida di quel che ha visto sinora. E la performance della Sky, col senno di poi, è parsa come un bluff a poker. Froome è il più forte, ma non è imbattibile. Il problema è che non si vede chi possa batterlo.

Post scriptum: il Commonwealth del pedale è attualmente la formazione trasversale più efficace e pericolosa.

Lettura consigliata –  Eroi, pirati e altre storie su due ruote. Un secolo di ciclismo di a cura di Simone Barrilari (Bur, 2010): interessante l’ultima parte, dedicata al Mont Ventoux e all’Alpe d’Huez.

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