Sono arrivati con ancora indosso i grembiuli verdi da lavoro gli operai della Motori Minarelli, che hanno iniziato la loro battaglia contro i 56 licenziamenti annunciati dall’azienda con un presidio di protesta. Una manifestazione, organizzata in concomitanza con un incontro in Unindustria tra sindacati e dirigenza, per ricordare alla Yamaha, dal 2002 proprietaria dell’azienda fondata nel 1951 da Vittorio Minarelli e Franco Morini, “che esistono altre strade per fronteggiare le crisi di mercato” e che “essere licenziati oggi significa rimanere disoccupati molto a lungo. Non si possono lasciare sul lastrico tante famiglie in questo modo”. “La procedura di licenziamento – spiega Orlando Maviglia, delegato Fiom – è stata avviata dall’azienda perché Yamaha si è vista ridurre le commesse in Europa, e quindi ha subito un calo degli ordini sui nuovi scooter. Noi però non siamo disposti a cedere su questo punto: possiamo accettare accordi difficili, ammortizzatori sociali, contratti di solidarietà, ma i licenziamenti no. Bisogna trovare un’alternativa”.

La crisi della Motori Minarelli è iniziata nel 2008 ma in 5 anni, racconta Maviglia, “si sono sempre trovate soluzioni praticabili, anche se pesanti”: la cassa integrazione ordinaria, quella straordinaria, i contratti di solidarietà, “che peraltro potrebbero essere riattivati”. Oggi, però, l’azienda non sembra più disposta a dialogare: “Gianfranco Zironi, amministratore delegato della Motori Minarelli, ci ha detto che siamo su ‘posizioni distanti’. Certo, perché non intendiamo accettare 56 esuberi su 283 dipendenti, 215 dei quali sono operai, per la maggior parte donne”. Esuberi che, di fatto, dimezzerebbero il personale prevalentemente femminile impiegato nello stabilimento adibito alla lavorazione, “un segnale bruttissimo – spiega la Fiom – che sembra andare nella direzione di una dismissione della produzione in Italia. Purtroppo oggi succede sempre più spesso che le aziende si rivolgano all’estero per produrre, dove i costi sono più bassi. Le multinazionali fanno così quando vogliono dismettere un sito. Ma lavoratori, sindacati e istituzioni non devono permettere che ciò accada anche alla Motori Minarelli, perché l’Italia ha già perso troppe aziende”.

“Siamo sempre stati un’eccellenza, non vogliamo diventare un’officina di montaggio che assembla pezzi di scarsa qualità prodotti all’estero, in Indonesia, in Vietnam, in India” spiegano i lavoratori dello stabilimento di Calderara di Reno, in provincia di Bologna, che per due ore hanno manifestato sotto alle finestre di Unindustra mentre Fim Cisl e Fiom Cgil discutevano la procedura con la dirigenza della Minarelli e i rappresentanti Yamaha. Tra loro, oltre a delegazioni delle principali fabbriche del tessuto produttivo bolognese, dalla Gd alla Bonfiglioli Riduttori, dalla Ducati all’Ima, c’era anche l’operaio – fantoccio vestito con un camice da lavoro, sul petto la scritta “siamo solo numeri”. “Che ne sarebbe di chi viene lasciato a casa? – si domandano – Come potrebbe continuare a mantenere la propria famiglia?”.

Dopo la procedura di ‘mobilità controllata’ da 70 esuberi attivata nel 2010, del resto, chi si trovava vicino alla pensione ha lasciato l’azienda e “nessuno dei lavoratori che oggi potrebbe essere licenziato avrebbe alternative oltre alla disoccupazione. In questo momento storico è necessario ricordare che l’andamento del mercato non può ricadere sulle spalle delle persone: da quando Yamaha ha comprato la Motori Minarelli lavoriamo a ritmi serrati, senza interruzioni, come una catena di montaggio di cent’anni fa. Lo accettiamo, in cambio chiediamo solo che la nostra professionalità sia salvaguardata”.

L’incontro si è concluso con un nulla di fatto ma Fim e Fiom sono pronti a “mettere in campo nuove iniziative di protesta” per convincere la proprietà a ritornare sui suoi passi. “L’azienda ha constatato che abbiamo due visioni diametralmente opposte. È vero, e domattina in assemblea discuteremo con i lavoratori per proseguire la nostra battaglia. A noi non sfugge l’andamento del mercato, ma se mantenere la competitività significa abbandonare al loro destino 56 famiglie, allora non ci stiamo. Una multinazionale come Yamaha deve essere in grado di trovare delle soluzioni alternative”.

Marco, dipendente della Motori Minarelli, per denunciare la situazione ha scritto persino a Valentino Rossi che, in sella a una Yamaha, è tornato a vincere. “Ciao Dottore – scrive su Facebook l’operaio – sono un dipendente della Motori Minarelli di Bologna, primario partner europeo di Yamaha per la produzione di motori da scooter e moto. Mi faccio portavoce di tutti i dipendenti e sindacati per denunciare la grave situazione aziendale. Correva l’anno 2008, l’11 aprile si festeggiava il 10milionesimo motore prodotto con grande festa aziendale, grandi ringraziamenti da parte della dirigenza italiana e giapponese, e la moto campione del mondo in bella vista. A distanza di sei mesi veniamo travolti come tutti dalla crisi, con grandi scuse dalla dirigenza giapponese per gli errati calcoli di mercato e dimissioni in tronco del presidente. Nel corso di questi anni si è ricorso ad ogni tipo di ammortizzatore sociale, ma continuando a non vigilare su sprechi e organizzazione come se nulla fosse successo. Oggi Motori Minarelli dichiara di volere licenziare 56 operai, incolpevoli delle scelte fatte negli anni addietro, siamo passati dalle oltre 400 unità lavorative a circa 290, e come sempre gli errori dei dirigenti ricadono sugli operai. Mandiamo a casa chi ci ha fatto perdere lavoro, competitività e soldi!”.

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