Nei giorni scorsi è stato reso noto un comunicato congiunto del sindacato FILLEA CGIL e del coordinamento Salviamo il paesaggio dal titolo “Per la tutela del territorio e del paesaggio, un futuro alle lavoratrice e ai lavoratori delle costruzioni: consumo di suolo zero”.

Che un appello a limitare drasticamente il consumo di suolo lo sottoscriva il coordinamento Salviamo il paesaggio, non fa notizia. Lo fa invece che sia sottoscritto anche da un importante sindacato rappresentativo della categoria degli edili. E tanto più questo fa piacere in un momento in cui l’edilizia è in forte crisi, come dimostrato ampiamente dal calo di vendite degli immobili sul territorio nazionale.

È un sintomo questo, insieme al Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino che ha consentito di bloccare un nuovo insediamento Ikea su terreni agricoli, insieme al disegno di legge dell’allora Ministro Catania che aveva lo scopo di tutelare sempre il terreno agricolo.

Ed insieme a quelle voci autorevoli come quella del professor Settis, che continuano sempre meno solitariamente a condurre le loro battaglie per quel bene idealmente tutelato dall’art. 9 dalla Costituzione, ma costantemente e pervicacemente distrutto dalla politica quotidiana: il paesaggio.

Certo, occorre un mutamento nel comune modo di sentire, e cioè che costruire equivalga a sviluppo, purtroppo radicatosi nella nostra mentalità dall’epoca del boom economico in poi. Ma soprattutto occorre che i partiti non sano più i referenti in Parlamento della lobby delle costruzioni. Non si tratterà, in prospettiva, di non costruire più, si tratterà di ricostruire l’esistente, o di costruire sulle aree dismesse o degradate. Del resto, costruire per cosa e per chi? Grandi opere che non servono e portano ulteriori sconvolgimenti ad un territorio già geologicamente instabile? Nuove abitazioni quando non trovano compratori ed il numero degli alloggi vuoti o sfitti è in costante aumento? Ha un senso tutto questo? Ha un senso, come predico sempre, “rubarci il futuro”?

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