Ieri, parlando della Rai in Commissione cultura della Camera, il viceministro Antonio Catricalà è rimasto sul vago per quanto riguarda le intenzioni del governo nei confronti della Rai. Sappiamo soltanto che Catricalà promette “discontinuità”. E chi gli può dare torto? La Rai di oggi fa fatica non solo a fare tornare i propri conti, ma anche e sopratutto a fare quello che dovrebbe: offrire un servizio pubblico degno di questo nome. Ottimo pretesto per smontare la Rai, avviando lo smembramento dell’emittente di Stato, con vendita dei cespiti più redditivi al migliore offerente, come anticipato ieri da Carlo Tecce su il Fatto Quotidiano?

Speriamo di no, ma lo sapremo tra poco, quando il governo svelerà una nuova bozza di contratto di servizio, l’accordo che governa l’attuale concessione statale della Rai.

Intanto invitiamo il viceministro Catricalà, che dichiara di volere sentire il parere di tutti in materia, a partecipare alla riunione in programma alla Camera, oggi 20 giugno, per lanciare l’avvio di un Tavolo di lavoro Parlamento-società civile per “Una Rai indipendente al servizio della libertà d’informazione” promossa dal movimento MoveOn Italia. La discussione partirà da una proposta di riforma molto concreta, che prende ad esempio i modelli di gestione più avanzati in Europa: “5 punti per garantire un bene pubblico”, già sottoscritta da varie associazioni e diversi parlamentari di vari schieramenti.

Nel caso lo avessero dimenticato, ricordiamo a Catricalà e ai suoi colleghi di governo che siamo al 57° posto al mondo come libertà di informazione secondo la classifica dell’organizzazione Reporters Sans Frontières. E che questa posizione disonorevole deriva dalla mancata risoluzione del conflitto di interessi, dalla assenza di una seria normativa anti trust, dalle interferenze dei governi e dei partiti nella nomina delle Autorità di garanzia e del Consiglio di amministrazione della Rai, e dai tentativi più volte reiterati di introdurre norme bavaglio, utilizzando il pretesto delle intercettazioni. Un quadro desolante che l’attuale governo potrebbe addirittura peggiorare, se venissero confermate le voci di un progetto di smantellamento della Rai.

MoveOn denuncia da tempo le degenerazioni di una Tv pubblica occupata dai partiti ed umiliata per anni da un conflitto di interessi senza uguali al mondo. Ma l’intento è sempre stato propositivo: riconquistare un bene comune, qual è l’informazione. Come dice Marco Quaranta, il primo animatore del MoveOn di Roma: “I cittadini propongono, le istituzioni possono diventare aperte. Trasformiamo anche la Tv in un bene di e per tutti!”.

Da qui i 5 punti per cambiare la Rai, mettendo i cittadini al cuore della proposta di riforma – a cominciare dagli utenti del servizio pubblico, in quanto veri proprietari di un’azienda che finanziano tramite il canone. Secondo la proposta che verrà discussa dal tavolo di lavoro, gli stessi utenti dovrebbero essere coinvolti con modalità interattive in un processo continuo di controllo e di valutazione, rispondendo così ad un esigenza di trasparenza e di partecipazione fin qui ignorata.

Non si chiede la luna, soltanto una riforma che possa garantire il diritto di ogni cittadino ad essere informato in modo libero, pluralistico e completo. Un diritto costituzionale. Per stendere la proposta sono stati presi ad esempio modelli di gestione sperimentati in altri paesi europei, come la Germania e la Gran Bretagna. Ieri alla Camera Catricalà ha parlato della BBC, e del percorso di discussioni pubbliche che ha preceduto la firma del contratto di servizio, il Royal Charter, o “Carta Reale”, che ne governa l’operato. Speriamo che abbia anche letto lo statuto dei Garanti della BBC, nominati per difendere il servizio pubblico britannico “dalle pressioni improprie” del mondo della politica e degli affari. Magari.

La proposta “La Rai ai cittadini: una Rai indipendente al servizio della libertà di informazione”, è stata oggetto di una petizione che ho lanciato oggi dal sito change.org.

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