“Non c’è nessun conflitto di interessi”. Il direttore generale di Banca d’Italia Salvatore Rossi risponde con il tono di chi non ammette repliche quando gli si pone la questione dell’assetto proprietario dell’Istituto (leggi), che vede in maggioranza le banche private (guarda il vox e rispondi al sondaggio). Perché? Naturalmente perché “la governance è indipendente dagli organi che sono espressione dei soci privati”. E il problema della legge del 2005, mai attuata con apposito regolamento? “Bisogna domandarlo ai responsabili politici”. Ma dalla Banca d’Italia si sollecita la concreta attuazione dell’obiettivo fissato da quella legge entro i tre anni successivi, cioè il trasferimento allo Stato delle quote in mano ai privati? “Se ne deve occupare il parlamento e il governo”, ribadisce Rossi, senza lasciarsi scappare in merito una parola in più. Più loquace di lui fu il governatore Mario Draghi, che nelle sue Considerazioni Finali, pronunciate il 29 maggio del 2009 davanti ai vertici delle istituzioni politiche, riconobbe l’opportunità di rimuovere “l’anomalia formale” dell’assetto proprietario. “Siamo aperti – disse quel giorno Draghi – a definire con i partecipanti al nostro capitale e con il governo una soluzione del problema che apporti beneficio a tutto il sistema”  di Piero Ricca, riprese di Ricky Farina

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