SiriaIranCorea del Nord, ma anche l’evasione ed elusione fiscale in tutto il globo. I temi all’ordine del giorno al G8 in Irlanda del Nord sono stati presi seriamente anche da qualche migliaio di persone. Tanti erano, sabato pomeriggio, a protestare per le strade di Belfast, organizzati dai sindacati confederali nordirlandesi e con in mano cartelli e striscioni per la pace in Siria, per una guida del mondo meno regolata dalle leggi del capitalismo e per una soluzione al paradosso di un Paese, il Regno Unito, dove grandi multinazionali possono fare tutto quello che vogliono. Persino non pagare le tasse al fisco di Sua Maestà.

Il G8 dei capi di Stato si terrà in un blindatissimo centro golfistico a County Fermanagh. Sarà sorvegliato anche lo spazio marino antistante e quello aereo sovrastante. I manifestanti di Belfast, ieri, hanno sottolineato un altro paradosso. Quello in corso in questi giorni è il più grande dispiegamento di forze di polizia nella storia dell’Irlanda del Nord, nonostante si tratti di una terra martoriata da un conflitto strisciante che va avanti da decine di anni. Ma non è solo una prova di forza. L’Irlanda del Nord, già da mesi, sta cercando di ricostruire la sua immagine. Sono stati spesi moltissimi soldi in promozione turistica, in attività culturali e in musei, come il multimilionario spazio espositivo dedicato al Titanic, a Belfast, città dove fu costruita la nave da crociera più famosa della storia.

Poi c’è Derry, città della Bloody Sunday, la domenica di sangue, la repressione violenta di una marcia di repubblicani nel 1972. Quest’anno Derry – chiamata Londonderry da chi è fedele alla regina e al Regno Unito – è capitale della cultura. Decine di milioni di sterline sono state spese per abbellirla e per attirare nomi di pregio nel campo della cultura. L’apartheid, strisciante, è ancora lì, con le zone cattoliche segregate come in un ghetto, ma tutta questa polvere deve finire sotto al tappeto, così hanno deciso a Londra e a Belfast.

Poi, appunto, le questioni al centro del G8. Il primo ministro britannico David Cameron lo ha detto chiaramente: l’evasione fiscale e la Siria devono essere al centro delle discussioni. Il presidente statunitense Barack Obama vuole armare la ribellione siriana e vuole che ogni Paese del G8 appoggi gli insorti, mentre la Russia vorrebbe proteggere il più a lungo possibile il presidente Bashar-Al-Assad. Vietate, per le tre giornate del G8, le manifestazioni in Irlanda del Nord, ma già si prevede che proteste spontanee vadano a disturbare il lavoro dei grandi del mondo. La confederazione dei sindacati dell’Irlanda del Nord tiene molto a cuore la questione del caos siriano e ha già fatto sapere che protesterà per convogliare le decisioni dei capi di Stato del G8 verso una soluzione pacifica. Anche Cameron vorrebbe armare la ribellione, ma lascerà dire tutto a Obama, questa la previsione di analisti e commentatori.

Infine, la questione delle tasse, dell’evasione e dell’elusione. Un servizio televisivo della Bbc, in queste ultime ore, ha messo in luce la contraddizione. Un appello alla fine della fuga verso paradisi fiscali e zone a bassa tassazione arriva proprio dal Paese che consente alle grandi multinazionali di non pagare le tasse o di pagarne proprio poche. Aziende come Amazon, Starbucks, Vodafone, Google sono tutte salite agli onori delle cronache negli ultimi mesi per il loro comportamento scaltro. Difficile che Cameron arrivi a portare a casa qualche risultato, dicono ora in molti.

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