Decisamente, la portata “rivoluzionaria” della riforma Inarcassa della presidente Paola Muratorio non è capita e apprezzata se alcuni Ordini Provinciali e persino il Consiglio Nazionale degli Architetti (Cnappc) e degli Ingegneri (Cni), sfidando l’istituzionalizzata appartenenza di genere, prendono posizione contro la riforma, sebbene con toni e modalità diverse. Il Cnappc e il Cni con eccessiva prudenza e circospezione; l’Ordine di Arezzo con un laconico comunicato, limitatamente alla richiesta della sospensione degli aumenti previsti. In modo più articolato si esprime l’Ordine degli Architetti di Firenze che, dopo numerosi incontri con gli iscritti organizzati presso l’Ordine, redige e pubblica un appello in cui chiede che vengano rivisti i contributi minimi in modo realmente equo e giusto, soprattutto per le fasce della professione economicamente più deboli. Con toni allarmati e di pubblica denuncia, si esprime l’Ordine degli Architetti di Messina che chiede l’abolizione del contributo minimo e la sospensione del versamento dei contributi previdenziali per 24 mesi. 

Sebbene tali  esternazioni da parte degli Ordini provinciali siano tardive, a macchia di leopardo e coincidano casualmente con la scadenza del rinnovo di alcuni Consigli degli Ordini; e nonostante i toni esortativi del comunicato del Cnappc e Cni siano quelli dell’amichevole pacca sulla spalla, il solo fatto che Ordini e Consigli nazionali si siano apertamente dichiarati contro la riforma Inarcassa, è di per sé nuovo. Espressione significativa dell’inarginabile e crescente disagio degli architetti e degli ingegneri che persino Ordini e Consigli nazionali, corporazioni per statuto, non possono più ignorare.

Fuori dal coro l’Ordine di Torino che, inspiegabilmente, in  una nota del 27 maggio, sente l’esigenza di difendere la riforma con argomenti catastrofici quanto improbabili: si configurano scenari apocalittici qualora la misura urgente della sospensione di un anno dei contributi minimi, come richiesto a gran voce e da più parti, sia  applicata. Preoccupazione  infondata: una momementanea sospensione dei contributi minimi, non produrrebbe alcuna mancata erogazione dell’indennità di maternità, dei  sussidi, dei prestiti d’onore, ecc. come paventato; mentre con i prestiti, la rateizzazione al 4,5% dei contributi darebbe ad Inarcassa un interesse più alto di quello votato dal Comitato come rendimento obiettivo per il 2013, che è del 3,64% lordo : si legga  la relazione della Corte di conti per l’anno 2009 per vedere le incidenze di spesa.

Tutto tace invece, dall’Ordine degli Architetti più popoloso d’Italia e d’Europa, quello di Roma, il cui Consiglio, orfano del suo Presidente dimissionario è troppo occupato – in vista delle imminenti elezioni dell’Ordine, a ricompattare fila e consensi della propria fazione all’interno di un Consiglio scisso – per trovare il tempo di organizzare un’assemblea straordinaria  per i propri iscritti e magari redigere una nota critica da presentare a Inarcassa. Del resto, la gestione delle molte attività “extra-Disposizioni” dell’Ordine, quali ad esempio società srl, fondazione, corsi a pagamento, casa editrice, squadra di calcio, richiedono tempo e dedizione assoluta.

La riforma non convince nessuno, neppure gli Ordini; nonostante la presidente Muratorio cerchi di presentarla al meglio percorrendo in lungo e largo la Penisola, nonostante le diffide fatte recapitare ai delegati Inarcassa contrari alla riforma, che si espongono presentano posizioni e dati diversi da quelli ufficiali. Ma davvero la diffida è l’unico strumento di confronto a disposizione di chi ha autorità, facoltà e ogni mezzo  per poter smentire, dialetticamente, quanto sostenuto da delegati eletti democraticamente dagli stessi iscritti? Piuttosto, sembra una mostra di muscoli e arroganza di un potere che aspira al pensiero unico, che non ammette il contraddittorio, ricorrendo a modalità intimidatorie che risultano inaccettabili e insopportabili. A dispetto degli sforzi profusi dai sostenitori della riforma, questa, da qualsiasi verso la si guardi, viene avvertita come un provvedimento calato dall’alto e disancorato dalla realtà: si finisca di imporre sacrifici da posizioni privilegiate e si rimetta mano ai contributi minimi e alle pensioni degli architetti e degli  ingegneri.

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