C’è l’ex colonia Prealpi a Valverde di Cesenatico, un complesso immobiliare di 1.818 metri quadri confiscato tra i beni del patrimonio della Nuova Smeraldo srl, una società di Latina riconducibile al cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti: gli albergatori non volevano riconvertirla. Ci sono le case di Lido Adriano e Marina Romea, la porzione di costa ravennate dove, negli anni ’70 e ’80, Cosa nostra riciclava denaro sporco attraverso attività immobiliari sulle quali ha indagato anche Paolo Borsellino. C’è un appartamento con garage a Cattolica confiscato al boss albanese Ardian Kazaki che, addirittura, è stato affittato nonostante fosse già stato confiscato e riassegnato alla Guardia di finanza (che però, pare, non era stata consultata sul possibile riutilizzo). A Forlì ben 12 appartamenti appartenevano ad un solo proprietario (tale “Volgo Limonetti”) ma, a parte una delibera comunale del 2009, non se ne è saputo più nulla. Nella frazione di Rastignano, tra le colline bolognesi di Pianoro, è stata confiscata una villetta a due piani ma non sarà utile: il terreno è franato. A Bologna, resta “la Celestina”, tre piani distribuiti su 800 metri quadri giorno dopo giorno sempre più fatiscenti, abbandonati. È andata meglio con la villa di Berceto, il paese del Parmense più vicino al mare: strappata a un camorrista, è stata convertita in un centro per bimbi e anziani.

Aumentano in regione i beni confiscati alla criminalità ma, a quanto pare, una burocrazia appesantita da ipoteche e contenziosi, da lacune di competenza e di risorse, ancora non riesce a restituirli completamente alla collettività. I dati dell’agenzia Anbsc aggiornati allo scorso gennaio li diffonde il gruppo antimafia “Pio La torre” di Rimini, attraverso un dossier curato insieme con il giornalista Giovanni Tizian. L’Emilia Romagna è l’ottava regione italiana per numero di beni immobili (51 nel 2005, 66 nel 2009 e 112 oggi) confiscati alle mafie: terza tra le regioni del nord (1.186 beni in Lombardia e 181 in Piemonte) e seconda per numero di imprese sotto confisca (26, contro le 223 in Lombardia), le province più interessate sono quelle di Bologna (40 confische), Forlì-Cesena (28) e Ferrara (16). Tra gli immobili strappati pullulano anche qui appartamenti, ville, terreni edificabili, garage e capannoni: se a livello nazionale le proprietà confiscate valgono almeno due miliardi di euro, anche nella virtuosa Emilia-Romagna il meccanismo di riconversione non decolla.

La norma dice che, una volta che la confisca diventa definitiva, i beni in questione passano allo Stato. Con la legge 50 del 2010, che ha introdotto la stessa Anbsc (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati), il processo si è un po’ razionalizzato ma i singoli procedimenti di destinazione rimangono troppo spesso inattuati. E non è un caso che ciò avvenga proprio in Italia, tra i pochi Paesi in Europa a non avere ancora recepito la decisione quadro 783 del 2006 – pur non applicabile alle forme di confisca non penale, analogamente a quanto avviene con tutti gli altri strumenti Ue – sul reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca.

Il caso forse più eclatante in Emilia Romagna – poi a lieto fine – è quello dell’ex colonia Prealpi di Cesenatico: la confisca alla Nuova Smeraldo arriva con sentenza della Cassazione del febbraio 2001, alla quale segue l’anno dopo la consegna dell’immobile al patrimonio indisponibile del Comune con l’avvio dell’ennesima fase di stallo. Tra gli ostacoli si è registrata pure l’opposizione degli albergatori locali, non disposti ad accettare un progetto di riconversione sociale in una zona ad alta densità turistica. Questo fino al 2011, quando la Regione ha consentito a Cesenatico di beneficiare di un cofinanziamento per demolire e ricostruire la colonia, realizzando 32 alloggi erp e il centro “Bocciofila”. Scendendo a San Mauro Mare, frazione di San Mauro Pascoli, si scopre che ci hanno messo meno: il monolocale definitivamente confiscato nel 2004 a Rolando Coco Trovato, fratello del boss Franco ed esponente dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, dal giugno 2009 fronteggia regolarmente emergenze abitative a suon di canoni agevolati.

Dopo anni di tira e molla, anche nel Ravennate (8 confische disseminate in provincia concentrate nelle citate Lido Adriano e Marina Romea) si è mosso qualcosa: proprio nei mesi scorsi il Comune di Cervia ha recuperato un immobile in via Puglie (Tagliata di Cervia) confiscato nel ’98, trasformandolo in un centro per donne vittime di violenza.

I casi più clamorosi oggi li ospita la provincia di Rimini. A Bellaria – Igea Marina è stato confiscato definitivamente a fine novembre il “Ristorante degli artisti”, una pizzeria finita nel sequestro da 70 milioni di euro dei beni riconducibili all’imprenditore Agostino Briguori, considerato dalla Dda di Catanzaro un prestanome della ‘ndrina dei Muto. Come emerge da un fitto e vivace carteggio tra Prefettura e Tribunale, a fine anno salta fuori che l’immobile risulta ceduto nonostante l’uso a fini sociali e istituzionali cui è vincolato: ad impedire la vendita interviene direttamente Nunzio Trabace, referente dell’Anbsc. Ora il Comune di Bellaria-Igea vuole trasformare la pizzeria in una casa della salute, si vedrà. Sorprese anche a Cattolica, dove l’appartamento e l’autorimessa confiscati nel 2004 a Ardian Kazazi, criminale albanese passato per il 41 bis e l’inchiesta “Criminal Minds”, risultano tuttora assegnati alla guardia di finanza: le fiamme gialle, però, non ne hanno mai preso possesso e viene da pensare che l’Anbsc non le abbia mai consultate sull’effettiva praticabilità del riutilizzo del bene. Ma c’è di più: pare che la casa sia stata addirittura occupata da un inquilino che sostiene di essere un “terzo in buona fede” e per questo ha aperto un contenzioso al tribunale di Pesaro. Insomma, si sarebbe ritrovato a vivere in una casa confiscata a sua insaputa. Resta una domanda: come si può affittare un bene che è già stato confiscato e riassegnato? A Rimini città, poi, dal 2010 è stato confiscato un appartamento sul lungomare (via Satyricon) al rapinatore Giuseppe Liuzzi. Il Comune lo scorso dicembre ha scritto alla Prefettura per riassegnare il bene, che però dal 2008 è gravato da un’ipoteca a favore di Unicredit (istituto in materia già definito “terzo in buona fede” dalla Corte di appello di Bologna) stimata pari a 400 mila euro: l’amministrazione comunale, però, non può permettersi di riscattarla.

Avvicinandosi al capoluogo regionale si registrano ancora problemi a Pianoro, dove i beni dell’ex ‘re’ del contrabbando Gerardo Cuomo fanno fatica ad essere restituiti. Ipoteche e debiti per 427 mila euro zavorrano le villette di Montecalvo, tuttora abbandonate. Nella frazione di Rastignano rimane una villetta a due piani che, nel frattempo, ha subito un cedimento strutturale e dunque è pressoché inutilizzabile senza interventi ad hoc. Se a Bologna la villa “Celestina” già di Giovanni Costa avrebbe bisogno di milioni per essere ristrutturata, una buona notizia è giunta l’anno scorso dalla parmense Berceto: la villa del camorrista Vincenzo Busso, quella che richiedeva quasi 400 chili di sabbia alla settimana solo per la manutenzione della celebre piscina salata, è diventata un centro civico per bimbi e anziani.

 

 

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