Chi vive consapevolmente in un territorio che ha conosciuto e tuttora conosce il controllo delle organizzazioni criminali, ha ben presente alcune semplici verità:

1) Il fine dell’attività criminale di un’associazione di assassini qual è Cosa nostra è l’accumulazione illecita di ricchezza.
2) Per raggiungere questo fine gli affiliati mettono in conto di poter morire di morte violenta e anche di trascorrere il resto della vita tra i rigori del carcere duro.
3) L’obiettivo irrinunciabile è che la propria famiglia possa godere indisturbata delle ricchezze così accumulate.
4) Tutte le volte in cui gli eredi di un affiliato o di un favoreggiatore di Cosa nostra, comunque passato ad altra vita, hanno la possibilità di godere indisturbati del sudore freddo e dello stress del loro congiunto in vita -grazie a imperfezioni della legislazione, abilità degli avvocati o inefficienza della macchina burocratica- lo Stato ha perso e Cosa nostra ha vinto.
5) Il controllo arcaico del territorio sotto minaccia della violenza è oggi sostituito dal crescente controllo di attività legali in cui vengono riciclati patrimoni e redditi di origine criminale attraverso congiunti e prestanome dalle facce che non ricordano gli stereotipi della filmografia e dai curriculum scolastici assolutamente normali.

Non ci deve essere allora nessuna speranza per chi, senza personale colpa, sia nato in una famiglia mafiosa? Le colpe dei padri devono ricadere sui figli? No, ovviamente: a nessuno può essere chiesto di rinnegare il proprio genitore, ma il suo illecito patrimonio . Il rapporto con il patrimonio di origine criminale deve essere quindi la cartina di tornasole di ogni sincera dissociazione da un fenomeno, da una piaga sociale che è responsabilità di tutti contribuire a debellare.

Il riciclaggio è il più insidioso nemico della corretta competizione economica su cui è fondata la nostra convivenza civile. Bonificare il sistema economico dalla presenza di capitali di origine illecita dovrebbe essere perciò la priorità di un legislatore lungimirante, specie in tempi di crisi come questi in cui il potere del denaro illecito aumenta in modo esponenziale. Senza libertà economica è a rischio la democrazia perché il voto diviene un bene superfluo da offrire al miglior compratore. E un Parlamento che legiferi in rappresentanza di un voto scambiato diviene una barzelletta. Le forze dell’ordine stanno dimostrando giornalmente una crescente efficacia nello svelare schemi societari e interposizioni fittizie che portano a ingenti sequestri e confische: questo lavoro non va reso vano dal seguito di competenza della burocrazia.

Per l’ipoteca sulla nostra economia rappresentata dalla presenza di patrimoni storici dei capimafia, varrebbe la pena di introdurre una norma speciale che preveda il diritto per un territorio, ad esempio la Regione Siciliana, al risarcimento civilistico del danno dovuto alla storica presenza della criminalità organizzata da poter far rivalere, con piena solidarietà passiva e senza possibilità di prescrizione, sui patrimoni ereditati di tutti gli affiliati a Cosa nostra. Gli eredi potrebbero manifestare la propria dissociazione con una tardiva rinuncia all’eredità premiata dai benefici tipici delle vittime di mafia (es. offerta di un impiego pubblico). Più onore e considerazione di così! Persino nei cartoni animati la voce del cattivo ha immancabilmente l’accento siciliano: non sarà giunta l’ora di risarcire questo danno d’immagine di alcuni milioni di cittadini?

Questa è la grammatica della lotta alla mafia: quella di uno Stato forte che sa come regolare i conti, di retorica di lotta alla mafia, invece, potremmo continuare ad ascoltarne per secoli.

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