Ieri era stato il ministro degli Esteri Laurent Fabius a dire che la Francia valutava anche l’opzione militare sulla questione siriana. E oggi sull’uso di armi chimiche parla anche il presidente François Hollande per cui ci sono “elementi di prove” che “obbligano la comunità internazionale ad agire”.

Anche i reporter del quotidiano francese Le Monde hanno contribuito a fornire le prove che hanno consentito a un laboratorio militare francese di parlare con “certezza” dell’uso di gas sarin. I campioni testati provengono da Jobar, un quartiere del nord-est di Damasco, conquistato dai ribelli dell’Esercito siriano libero (ASL) a inizio febbraio, e nel quale i giornalisti giunsero il 2 aprile. Qualche giorno dopo, venivano perpetrati i primi attacchi con un gas sconosciuto, che poi si sono moltiplicati per circa una settimana. A Jobar, l’Asl si trova in una posizione molto vicina a quella dei lealisti.

Per Le Monde, “è inverosimile che i lealisti si siano inflitti da soli il gas, visto che l’effetto sui combattenti è terribile: contrazione delle pupille, soffocamento, perdita di coscienza”. L’utilizzatore “può essere solo l’esercito governativo”, scrive ancora il quotidiano francese, precisando che Egitto, ma anche Iran, Germania ed ex-Unione Sovietica hanno “partecipato direttamente o indirettamente alla creazione di questo arsenale”. Il giornale sottolinea quindi che i ribelli, scappati da Jobar ormai da diversi mesi, vennero ricoverati in ospedali di fortuna nella regione di Ghouta, alla periferia di Damasco. Nel caos, i medici salvarono diversi campioni per cercare di stabilire la natura delle componenti tossiche. Ma in Siria non c’erano laboratori in grado di realizzare le analisi. Così, i campioni – sangue, urina e capelli prelevati ai combattenti più esposti agli attacchi chimici – sono stati portati in Francia. “I medici di Ghouta avevano l’intenzione di farli passare attraverso le linee del fronte fino a un Paese straniero per procedere alle analisi. Abbiamo proposto loro di trasportare i campioni”, racconta Jean-Philippe Remy, uno degli inviati speciali de Le Monde, che racconta la sua esperienza in un lungo reportage pubblicato. Ora “non possiamo dire che non sapevamo”, titola in prima pagina il quotidiano francese. 

Gli Stati Uniti chiedono più tempo e più prove e anche l’Italia è prudente: ”Da un lato sono ormai acquisite da molti giorni prove che fanno pensare a un utilizzo di armi chimiche, però in azioni molto circoscritte e molto delimitate. Questo non può costituire il fondamento di un intervento armato della comunità internazionale nel modo più assoluto” dice il ministro della Difesa Mario Mauro. “In Siria il coinvolgimento di potenze regionali, come Iran, Arabia Saudita e Qatar, con sullo sfondo il problema della sicurezza di Israele, il Libano e le stesse vicende della Turchia ci devono far profondamente riflettere e moltiplicare i nostri sforzi per garantire l’unica cosa possibile, una soluzione politica della crisi”,

Intanto la conferenza di pace sulla Siria non si terrà prima di luglio. Il viceministro degli Esteri russo Ghennadi Gatilov a margine dell’incontro a Ginevra tra Russia, Usa e Onu. Uno dei maggiori problemi rimasti irrisolti è la definizione dei partecipanti: “Ritengo che la questione più difficile, forse, sia la cerchia dei partecipanti”, ha detto Gatilov, citato da Interfax. Gatilov ha evocato sia la presenza dell’Iran sia la composizione della delegazione dell’opposizione siriana.

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