Le cose non erano iniziate benissimo. Le previsioni davano temporale e il cielo alle prime luci dell’alba sembrava confermarlo: la manifestazione Mai più, quella per cui tante di noi avevano lavorato sodo per giorni, l’avrebbe accompagnata la pioggia. Le telefonate erano ancora più minacciose del tempo: “ma qui da me c’è il diluvio, è tutto confermato?”, “ragazze, che si fa? Piove a dirotto..”. Non abbiamo esitato un attimo, ci saremmo state comunque, in quella piazza, lungo quelle strade, sempre troppo periferiche per essere ricordate. La stessa cosa devono averla pensata in molti, perché a Ostia, X municipio di Roma, sabato scorso, un coro di voci e teste sotto l’ombrello ha detto basta alla violenza di genere, basta al femminicidio. Mai più, No More.

La manifestazione del primo giugno, organizzata dal coordinamento delle donne del municipio X e dall’associazione Punto D, già promotrice del flash mob del 21 aprile scorso “Un fiore per Michela e le altre” , è stata la prosecuzione naturale di un percorso iniziato spontaneamente dopo il femminicidio di Michela Fioretti prima e di Alessandra Iacullo poche settimane dopo. Un percorso condiviso che, proprio a partire dal titolo scelto per la manifestazione, Mai più, ha voluto dare continuità a una rivendicazione ben precisa, la stessa espressa in passato in tante altre piazze, da tante altre donne: mai più violenza sulle donne, mai più femminicidi.

Una manifestazione che ha voluto rispondere, con la partecipazione di tutte e di tutti, alla vergogna dell’aula della Camera vuota nel giorno in cui ha avuto inizio la discussione generale sulla ratifica della Convenzione di Istanbul, salvo poi riempirsi il giorno successivo, quello della ratifica, quando era prevista la diretta streaming. Io c’ero, in piazza a Ostia, sabato scorso. Anzi, ero tra le promotrici. Con me, le compagne di sempre e tante donne incontrate strada facendo. Questo post, un po’ diverso dal solito, per me che non sono solita parlare di me stessa, vuole essere un racconto diretto di una giornata che per molte di noi ha segnato una svolta, personale e non solo. Vuole essere una dedica a Virginia, Nicoletta, Giorgia, Gilda, Stefania, Catia, Betta, Beatrice, Angela, Simona e l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito. Vuole essere un ringraziamento a coloro le quali hanno creduto fin dall’inizio che anche un quartiere di periferia potesse esplodere per un giorno sotto il suono dei tamburi e sotto il megafono delle nostre voci. (Video)

Noi piccole, di fronte alle grandi. Noi, che a leggere la lista delle adesioni sotto l’appello a stento ci credevamo. Dalla Casa delle donne all’Unione delle donne italiane, da Solidea e Arcilesbica a Se non ora quando. Tutte sostenitrici, come a dire che il patto tra le donne c’è, ora sta a voi raccoglierlo.

E quando la pioggia ha lasciato il posto al sole, ci siamo rese conto di quante eravamo e di come eravamo: colorate, fiere, dirette, rumorose, consapevoli. (Photogallery)

Aula vuota? Piazza piena!

lo ricordo ancora quando una di noi ha coniato questo slogan nel constatare i banchi della Camera vuoti nel giorno in cui era in discussione la ratifica di Istanbul. E così è stato. Noi, al contrario di loro, avevamo la certezza che la piazza delle donne sarebbe stata piena fin dall’inizio, perché la risposta dei territori c’è sempre, quella che manca, spesso, è la risposta delle istituzioni. E quindi, per una volta, prendiamocelo questo merito. Ce lo prendiamo perché il corteo delle donne, sabato scorso, era il corteo delle studentesse in piazza contro la violenza, delle giovani per ricordare Franca Rame, delle coppie, delle signore affacciate alle finestre con i mariti (eddai, però, scendiamo anche noi, insieme…), delle madri con le figlie, delle donne e degli uomini che mano le donne. Un corteo fuori da ogni retorica ma denso di contenuti. Per dare luogo a esperienze nuove e metterle in rete con quelle più consolidate.

Un corteo che rivendicava l’urgenza di ripartire dalla scuole e dai territori. Dalle loro esigenze e dalle loro mancanze, con un occhio rivolto alla cultura e uno ai servizi. Non c’è prevenzione senza iniziative di sensibilizzazione nelle aule come nelle strade, per far emergere il sommerso della violenza domestica.

Non c’è protezione senza ascolto, nelle caserme, nelle questure e negli ospedali.

Un corteo sui trampoli e senza paura, che ha legato le strade con un nastro rosso. Per dire eccoci, oggi siamo qui, domani in altre città. Facciamo rete perché la violenza sulle donne è una sconfitta per tutti.

 

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