“Non è che i magistrati adesso stanno esagerando un po’? C’è uno strano clima, intorno. Sono preoccupato”. Già con questa affermazione Beppe Grillo si è smarcato dai magistrati di Taranto che indagano sull’intreccio fra Ilva e politica. I magistrati hanno fatto arrestare Gianni Florido, presidente della Provincia di Taranto e leader locale del Pd.  

Adesso fa un altro passo e sembra smarcarsi anche da quel movimento ambientalista tarantino che ha promosso il referendum per chiudere l’area a caldo dell’Ilva o tutto lo stabilimento (i quesiti erano due). Trentamila tarantini avevano chiesto la chiusura dell’area a caldo, pochi di meno quelli che chiedevano la chiusura totale. Solo quattromila i favorevoli all’Ilva così com’è.

La dichiarazione di Grillo che appare oggi su La Stampa è infatti: “Quando toccherà a noi metteremo una protezione sull’acciaio italiano, nei confronti di quello cinese, come fanno già gli Stati Uniti di Obama”. E poi sull’Ilva annuncia che verrà a Taranto con i suoi parlamentari dicendo: “Non può chiudere. Noi pensiamo anche ai dazi. Faremo un grande punto con i sindacati, gli operai, tutta la cittadinanza. Solo noi li ascoltiamo”.

Con questa mossa Beppe Grillo azzera tutto, come se il referendum popolare a Taranto non si fosse tenuto. E rilancia i dazi, come se con i dazi a Taranto si risolvesse il problema dei tumori.

Ho già espresso i miei dubbi sulle proposte di Grillo in merito all’Ilva. Non voglio però polemizzare con il Movimento 5 Stelle né con Grillo, anche perché questo movimento rappresenta una forza democratica che per fortuna vive al di fuori dell’inciucio delle larghe intese. Guai se non ci fosse questa realtà.

E’ una realtà che però, giorno dopo giorno, non mi convince su temi come l’Ilva, veramente strategici, che rappresentano una questione morale dirompente e non sono una questione dai risvolti ambientali. Voglio pertanto fare una proposta concreta delineando come si può – a mio parere – uscire del pantano Ilva con una strategia chiara e percorribile.

Propongo che il Movimento 5 Stelle chieda al Governo e alla Regione Puglia di far inserire Taranto nelle cosiddette “aree di crisi industriale complessa”. Occorre un “piano B” di riconversione (Clini invece disse che per Taranto non c’e’ un “piano B”).

Ecco come articolare la proposta.

1) La posizione potrebbe essere quella di scindere i destini dell’area a caldo da quella dell’area a freddo. Occorre chiudere l’area a caldo (la più inquinante che è stata chiusa anche a Genova) alimentando l’area a freddo con le bramme, come fanno altre acciaierie (Genova, appunto).
2) Occorre destinare i lavoratori Ilva in cassa integrazione e quelli dell’area a caldo ad una formazione lifelong learning (Fondo Sociale Europeo) per un piano di bonifica del terreno e di messa in sicurezza della falda.
3) L’utilizzo immediato nelle bonifiche del quartiere Tamburi dei lavoratori Ilva attualmente in cassa integrazione è assolutamente possibile e attuabile in maniera conveniente con una integrazione al reddito. Questi lavoratori sono i primi attivabili per un processo di riconversione delle loro mansioni, e in prospettiva gli altri, dato che sono in contratto di solidarietà e quindi la cassa integrazione è a rotazione.
4) In una prospettiva di riconversione economica, e’ possibile inserire Taranto nella programmazione prevista da questa norma che verrà utilizzata per la Ferriera di Trieste:

Articolo 27 del Decreto Sviluppo 2012 – Misure per la crescita sostenibile
Decreto Legge , testo coordinato, 22.06.2012 n° 83 , G.U. 11.08.2012
(http://www.altalex.com/index.php?idnot=18726#t3c1)

Leggete l’articolo 27: sembra scritto per Taranto…

Art. 27
Riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa

1. Nel quadro della strategia europea per la crescita, al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale, l’attrazione di nuovi investimenti nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali nei casi di situazioni di crisi industriali complesse con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, il Ministero dello sviluppo economico adotta Progetti di riconversione e riqualificazione industriale. Sono situazioni di crisi industriale complessa, quelle che, a seguito di istanza di riconoscimento della regione interessata, riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da: una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull’indotto; una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio. Non sono oggetto di intervento le situazioni di crisi che risultano risolvibili con risorse e strumenti di competenza regionale.

5) Questa norma va rifinanziata con una riduzione delle spese militari destinate alla missione in Afghanistan e agli F35.

Questa è la proposta che farei e che è sostanzialmente la proposta che (escludendo il punto 5) fa la Uilm di Trieste per la Ferriera, un’acciaieria inquinante come quella di Taranto e che versa in condizioni simili in quanto gli impianti sono vetusti (risalgono all’Impero austro-ungarico). Per la Ferriera di Trieste i sindacati sono spaccati sul futuro dello stabilimento. 

La Uilm e’ contro la Fiom e sostiene che è un errore parlare di siderurgia a tutti i costi: “La lotta da fare è per la garanzia del lavoro”. Anche la Fim è disponibile a discutere di riconversione. Quindi vi è una spaccatura del fronte sindacale sul tema Ferriera di Servola, con Fiom-Cgil da una parte e Fim-Cisl e Uilm-Uil, tanto che Franco Palman, esponente Uilm delle Rsu della Ferriera ha dichiarato: «So che le mie parole saranno pesanti ma ora basta. Oggi a questo tavolo manca una sigla – ha detto alludendo alla Fiom – e noi vogliamo fare chiarezza. Parlare di siderurgia a tutti i costi, come fa qualcuno (Gianni Venturi, coordinatore nazionale Fiom per la siderurgia, a Trieste lunedì, ndr) è un errore: bisogna dedicarsi a una lotta per la garanzia del lavoro». Per Antonio Rodar, segretario provinciale Uilm, «bisogna arrivare a un accordo di programma per affrontare il tema delle aree inserite nelle crisi complesse, per non trasformare la Ferriera in un pezzo del museo di storia industriale del Paese». E ha sostenuto che la priorità è quella di assicurare la continuità dei salari per i lavoratori.

Come si può notare a Trieste una parte dei lavoratori ha chiaro che tema è quello di inserire la crisi siderurgica nella legge aree di crisi industriale complessa per le quali “il Ministero dello sviluppo economico adotta Progetti di riconversione e riqualificazione industriale”. Ma deve essere la Regione Puglia a dichiarare Taranto una “situazione di crisi industriali complessa” in modo da rientrare nelle aree per cui si adotta un progetto di riconversione che preveda ad esempio la soppressione dell’area a caldo dell’Ilva e la sua trasformazione in area su cui investire per il fotovoltaico termodinamico o per la retroportualità’.

Insomma un vero e proprio “piano B” si può costruire: basta volerlo e saperlo progettare sfruttando le leggi esistenti. 

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