La Presidenza del Consiglio dei ministri non si può costituire parte civile al processo per gli scontri in Val Susa dell’estate 2011 fra No Tav e forze dell’ordine. La decisione è del tribunale di Torino, secondo cui non ci fu “danno all’immagine del Paese” come invece sosteneva il governo. Via libera, invece, per i ministeri dell’Interno, della Difesa e dell’Economia.

I dicasteri sono stati ammessi perché, a differenza della Presidenza del Consiglio, hanno lamentato un danno diretto, dovuto alle lesioni patite dagli operanti e al danneggiamento dei mezzi.

L’esecutivo lamentava un danno all’immagine dell’Italia come “sistema Paese” per il rischio di una compromissione dei finanziamenti per la costruzione della nuova ferrovia Torino-Lione ad alta velocità. Inoltre denunciava la “sottrazione di una parte della sovranità dello Stato su una parte del territorio nazionale” nei mesi in cui, in località Maddalena di Chiomonte, dove oggi si svolgono i lavori preliminari della nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità, i No Tav allestirono un grande presidio, esteso per decine di km quadrati. L’area fu sgomberata da una imponente operazione delle forze dell’ordine il 27 giugno 2011 e, in quell’occasione, si ebbero alcuni degli episodi al vaglio del processo: eventi che però, ha osservato il tribunale, non sono direttamente ricollegabili a quella che è stata definita una “occupazione di suolo pubblico” per la quale non si procede in questa causa.

Oltre alla Presidenza del consiglio dei Ministri sono state escluse anche Cobar e Coir, due associazioni che rappresentavano gli uomini della Finanza e dei Carabinieri. In totale le parti civili restano così quasi un’ottantina, mentre gli imputati sono 53.

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