Correva il giorno 29 maggio 1953, quindi sessant’anni fa, quando Edmund Hillary scalò, con l’aiuto dello sherpa Tenzing Norgay, l’Everest, la montagna più alta della terra. Quest’anno sono già più di 300, grazie anche al tempo clemente, le persone salite sul gigante himalayano. A fine stagione saranno più del doppio. Persone, si badi bene, non alpinisti

Albert Frederick Mummery sosteneva che la montagna doveva essere scalata “by fair means”. Paul Preuss sosterrà subito dopo che per scalare una parete occorre fare ricorso solo alle proprie forze, e rinunciare anche all’ausilio del chiodo.

Hillary non utilizzò certo “fair means” per salire. Si avvalse dell’ausilio dell’ossigeno. Oggi pressoché tutti coloro che scalano l’Everest ne fanno uso. Ma si limitassero all’ossigeno… La via normale all’Everest è un susseguirsi di corde fisse e scale per superare i crepacci. In pratica ti portano su di peso o quasi. Del resto, paghi anche bene: fino ad 80 mila dollari…Tant’è che il giapponese Yuichiro Miura, dopo essere stato il primo settantenne a raggiungere la cima, quest’anno è diventato anche il primo ottantenne.

Stupisce  se gli ottomila (soprattutto i più facili e l’Everest è uno di quelli, dalla via normale) sono considerati le discariche più alte del globo? Stupisce che Simone Moro sia stato aggredito ed accoltellato da degli sherpa che attrezzavano una via per la solita spedizione commerciale solo perché essi ritenevano li disturbasse nell’espletamento delle loro mansioni? E stupisce infine se ai posti tappa lungo i sentieri di avvicinamento alle grandi pareti ormai trovi abitualmente la Coca Cola?

 

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